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LA LUNGIMIRANZA DEI POLITICI LAMETINI È PARI A QUELLA DI UNA TALPA
Ma una rivendicazione di alcuni dipendenti ospedalieri induce un giudice della Procura di Catanzaro  a chiedere ai vertici aziendali chiarimenti in merito all’applicazione del decreto del commissario ad acta ing. Massimo Scura. Nessuna meraviglia se dieci anni di commissariamento fanno registrare nei bilanci il profondo rosso e l’assenza di un piano regionale di risanamento.

E’ questa una vicenda che sembra uscita dal libro dei paradossi. In verità la storia del pensiero è percorsa da contraddizioni e rompicapi avvincenti quanto impossibili, e questa storia è la testimonianza di una affermazione, che pur contraddittoria nei contenuti, finisce col ribaltare la realtà: quella realtà del nosocomio lametino “scondizionato”, ridotto ai minimi termini dai tanti provvedimenti ad mentula canis, per dirla con Ovidio.
Ce la racconta il dott. Domenico Fusto del sindacato Coas Medici, nonché dirigente responsabile dell’unità operativa di Medicina trasfusionale dell’ospedale di Lamezia Terme.
“Ci sarà pure un Giudice a Berlino? Beh pare che ci sia sicuramente a Catanzaro. Parafrasando la celebre frase attribuita a Bertolt Brecht, narriamo una vicenda paradigmatica della lungimiranza dei politici lametini…ahimè pari a quella di una talpa.
 Una semplice rivendicazione, sotto forma di esposto alla Procura di Catanzaro, di alcuni dipendenti del nostro ospedale, induce un Giudice della suddetta Procura a chiedere ai vertici aziendali alcuni chiarimenti in merito all’applicazione del DCA nr. 68 del 29/06/2015 a firma del Commissario ad Acta Ing. Massimo Scura”.
Cosa contiene questo decreto che può interessare la salute dei nostri concittadini e le sorti di quasi tutti i reparti dell’ospedale?
È presto detto –  aggiunge Fusto – il DCA nr. 68 dispone che in base al DPRG (Decreto Presidente della Giunta regionale) nr. 58/2014 a firma Giuseppe Scopelliti, il Centro trasfusionale di Lamezia Terme (unico in tutta la Asp di Catanzaro), reo all’epoca di non raggiungere le 2.200 unità di sangue trasfuse all’anno, dovrebbe lavorare su 6 ore, cioè essere aperto solo nelle mattine dei giorni feriali, senza più reperibilità notturna e festiva, senza distribuzione di sangue in urgenza, senza specificare chi dovrebbe occuparsi di urgenze ed emergenze purtroppo all’ordine del giorno, considerando che solo i tre Pronto Soccorso di Lamezia, Soverato e Soveria Mannelli totalizzano oltre 84.000 accessi di persone fisiche all’anno, senza considerare che attività altamente a rischio di sanguinamento, da trattare in emergenza come i parti, magari anche con farmaci emostatici erogati proprio dai Medici del Centro Trasfusionale, vedrebbero crollare drasticamente la fruibilità e la sicurezza dell’accesso alle cure da erogare sul territorio ai cittadini lametini.
In poche parole: un calo vertiginoso dei ricoveri…
Per fortuna, nel medesimo DCA nr. 68, al capitolo delle conclusioni, un paragrafo introduce la possibilità di deroga, permettendo alle Aziende Sanitarie di mantenere la propria organizzazione in attesa che la Rete Trasfusionale Regionale sia completata in ogni sua declinazione e implementazione.
Resta la rabbia e il disappunto, nonché la preoccupazione, nel registrare l’ennesima rappresentazione della miopia di una intera classe politica, incapace di leggere le conseguenze annidate tra le righe di un decreto, incline a non ascoltare chi lavora sul campo, irrispettosa della storia del nostro Centro Trasfusionale (in altri tempi dispensatore di sangue finanche in Sicilia) e in genere di tutti i reparti, decreto che ad una attenta lettura si rivela pieno di contraddizioni, e soprattutto incurante di recepire (per insipienza o di proposito), il Decreto del Ministero della Salute dell’Aprile dello stesso anno, il famoso D.M. nr. 70 del 2 Aprile 2015, che riorganizzava l’intera rete ospedaliera italiana, caratterizzando l’Ospedale di Lamezia Terme come Ospedale di I livello, sede anche di DEA  di I livello (Dipartimento di Emergenza e Accettazione), per un bacino di utenza compreso tra 150.000 e 300.000 abitanti e quindi sede di diritto di una serie di unità operative tra cui un Centro Trasfusionale addirittura aperto 24 ore al giorno tutti i giorni… ma siamo in Calabria… l’ineffabile Commissario ad Acta si limitò a firmare una scopiazzatura, peraltro zeppa di incongruenze, di un DPRG antecedente il Decreto Ministeriale e pertanto sconfessato dallo stesso, a firma di un soggetto noto più che altro per aver occupato le cronache giudiziarie nazionali.
E’ tutto chiaro, un decreto dagli effetti così devastanti viene varato senza averne valutato gli effetti
Corre l’obbligo di ricordare – aggiunge il dott. Fusto –  che all’epoca della pubblicazione del famigerato DCA nr. 68/2015,  il solo Igor Colombo, esponente di spicco di Forza Nuova si spese in città, sulla stampa e sui media con forza ed argomentazioni, intuendo le conseguenze nocive del decreto.
Tutte le altre compagini politiche del lametino rimasero sorde e mute, incapaci di comprendere i rischi insiti nelle decisioni commissariali. Forse è il momento giusto perché qualche Associazione o Movimento civico, o partito di maggioranza o di opposizione si faccia carico di coagulare e indirizzare una ferma protesta, chiedendo con forza una serie di azioni concrete a difesa della salute del territorio.
Lamezia non merita il lento scivolamento verso un ospedale di base; meriterebbe, invece, una revisione critica degli atti commissariali susseguitisi negli anni recenti e sempre all’origine di ulteriori depotenziamenti.
Se oggi si applicasse lo stesso criterio del 2014, cioè se il Centro Trasfusionale di Lamezia Terme (messo alla stregua di Polistena e Castrovillari!!!) dovesse lavorare  non più di sei ore al giorno –  basandosi sullo strano limite, chissà mai perché, di 2.200 sacche di sangue trasfuse all’anno, considerando che ormai se ne utilizzano stabilmente intorno alle 4.000, distribuite sui tre ospedali del comprensorio provinciale, bisognerebbe immediatamente conclude Fustointegrare e aggiornare il precedente decreto.
Sembra un paradosso, come dicevo in premessa, ed invece è una triste realtà dalla quale va preso atto che un decennio di commissariamento non ha giovato all’economia della nostra regione né a quella statale, anzi le terapie adottate hanno, di fatto, provocato toppe peggiori del buco,
Sull’argomento abbiamo voluto sentire il dott. Sebastiano Sofi, già primario del servizio trasfusionale dell’ospedale lametino.
Sarebbe un errore sottovalutare o non ascoltare – egli ha detto –  l’appello del dott. Fusto relativamente alle limitazioni dell’attività solo nella mattina dei giorni feriali. La disposizione regionale del 2014 e la successiva applicazione del 2015 comportò una grave disarticolazione subito denunciata dai trasfusionisti della regione. I fatti avvenuti, di cui alcuni con conseguenze fatali, avrebbero dovuto imporre una profonda revisione della legge regionale.
All’apparire di quella norma insorsero, senza esito alcuno, le associazioni civiche lametine. Il servizio trasfusionale regionale oggi non è nelle condizioni di poter svolgere le funzioni sia nella normalità che nella emergenza.
Il dott. Fusto lancia, quindi, un nuovo giustificatissimo allarme. E’ necessario, pertanto, cambiare questa legge nel più breve tempo possibile assicurando la sicurezza delle prestazioni sia nella quotidianità che nell’emergenza.
Concludendo se i criteri delle riforme adottate sono alla stessa stregua di quanto denunciato dal dott. Fusto, non c’è da meravigliarsi se dopo un decennio di commissariamento il mondo sanitario fa registrare l’assenza di un piano sanitario regionale e bilanci dal profondo rosso.