Lo slogan ce lo possono fornire le città europee, sotto l’etichetta “Slow city (città lente), basta sceglierlo: Togliere la città alle macchine (slogan del sindaco di Atene, Bakoyannis) oppure La città salotto (come Rotterdam). Perchè Lamezia non si riconcilia con quello che la storia ci ha tramandato, un centro storico stupendo con una direttrice che va dalla Cattedrale alla stazione di Nicastro e che da sempre chiamiamo “salotto”?
Io non sono un urbanista nè uno storico dell’arte, un semplice cittadino che con i suoi amici è sempre stato attento a conservare la nostra memoria locale. Negli anni settanta fece scalpore che un gruppo di estrema sinistra protestasse perchè veniva smantellato l’ingresso della storica farmacia Mastroianni sul corso Numistrano, i moderni non riuscivano a capire che il nuovo non è sempre bello. Ma nonostante simboliche prese di posizione (ricordo quella sul Pidocchietto) o l’insistenza sull’arredo urbano, la sinistra di questa città non è riuscita a trasformarla come progettavamo di fare.
Ho un ricordo personale che riguarda Tonino Dattilo, un tecnico di cui innanzitutto mio padre mi testimoniava l’ingegno. Quando lui parlava nella sezione Primerano di questioni urbanistiche tutti lo ascoltavamo in religioso silenzio. Erano i tempi in cui si dibatteva del famoso piano di fabbricazione e del piano regolatore chimera da realizzare e Tonino ci ricordava che unire Nicastro e Sambiase si poteva fare non solo con le costruzioni ma anche col verde. Lezione, la sua, non appresa perchè soprattutto non capita. Ma quale verde, ci vogliono le gru.
Mentre politici ed intellettuali lametini meditavano, l’abusivismo sistemava le cose a capocchia e dunque ci ritroviamo una città il cui sviluppo non è stato affatto regolato. Una città cresciuta deforme, dove i tre centri sono giustapposti e il fai da te, il bricolage urbanistico, ci ha consegnato una vera Frankstein.
Siccome sono convinto che il mercato decide, nonostante il dirigismo, cioè le pretese eterne dei comunisti di ricondurre ad una idea astratta (la chiamano regolamentazione) i comportamenti delle forze economiche, Lamezia è dunque il frutto del mercato e delle forze criminali e mafiose che nel mercato sono preponderanti. Se il mafioso si vuole fare la sua mega villa e i mega villini per figli e nipoti, sceglie lui dove farli, come farli e non esistono limiti. Questo esempio più che a Lamezia si capisce bene guardando Amantea. E’ chiaro che chi è grande, ricco ed influente riesce più facilmente a catturare il regolatore. Ancora più facilmente se al posto di influente si mette il termine mafioso. Ma detto questo sulla nostra storica servitù, il mercato decide perché tutti noi, esseri umani imprevedibili, siamo il mercato. Per capirci, i localini sul corso a Nicastro chi li ha creati se non il mercato? L’Amministrazione comunale, mentre qualcuno decideva di investire sul food, prendeva altre decisioni.
Ne cito due sole, distanziate nel tempo, la gestione “in-house” della Multiservizi, ora in concordato da alcuni mesi e l’acquisto del Teatro Grandinetti. Due decisioni a mio avviso sbagliate ma non è questo il punto, mi interessa evidenziare come non ci sia relazione tra quanto succede nel mercato e le decisioni politiche. Oggi, in presenza di un ente comunale che non può spendere nulla e neppure fare ordinaria manutenzione (si pensi ai cimiteri), la necessità del distanziamento sociale obbliga Lamezia e tutte le città a provvedimenti d’emergenza che trasformeranno per sempre i centri urbani e il modo in cui li viviamo. Emergenze da cui, come lo smart-working, sarà difficile tornare indietro. Se non ora, quando? Il dopo-Covid deve ridisegnare abitudini, spazi urbani e traffico con un obiettivo chiaro: diventare città più lente, più sicure e più vivibili. Pensiamo per un momento alla congestione del traffico. Mettere i parcheggi a pagamento, come si fa in genere, acuisce il problema perchè alcuni automobilisti passano più tempo in strada, in cerca di parcheggi gratuiti. Dopo tutto non sono le auto in sé a causare l’inquinamento o il traffico congestionato, il problema sono i viaggi in auto. Come le sbronze si limitano facendo pagare ogni bevanda, gli ingorghi si limiterebbero facendo pagare ogni viaggio agli automobilisti. Ecco allora che a Lamezia vanno ricavati grandi parcheggi, per esempio alle stazioni ferroviarie di Nicastro e Sambiase, e la pedonalizzazione dei corsi significherebbe assecondare il mercato che ha già scelto il food. Il nostro salotto, che molti altri centri non hanno, liberato dalle auto, consentirebbe consumi, attività commerciali, svago. Niente di nuovo, Cosenza, che è stata sempre avanti a noi di 20 anni, lo dimostra. Ma impedire il “viaggio” con l’auto, vale a dire l’abitudine consolidata di mettersi in macchina e fare gli acquisti (farmacia, supermercato, tabacchino, negozio) spostandosi senza camminare, è una decisione politica (impopolare) che, come fanno in tutta Europa, adesso col Covid hai la necessità ed urgenza di realizzare. Insomma, la puoi giustificare ai riottosi, che poi sono quelli che non si vogliono mettere le mascherine. Le stesse biciclette diventate elettriche consentono oggi di essere adoprate in tutte le città e non solo nella pianura padana’, e poi ci sono i monopattini, insomma i mezzi pubblici servirebbero alla popolazione anziana così come le consegne a domicilio e tutti i servizi alla persona.