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LE MOZIONI DISCUSSE IN CONSIGLIO COMUNALE
Considerazioni per affrontare con maggiore chiarezza le problematiche trattate

Nell’ordine del giorno dell’ultimo consiglio comunale erano contenute 11 mozioni, che però non sono state discusse e votate. Mi pare opportuno soffermarmi brevemente su alcune di esse. Ne ho letto, naturalmente, solo l’intestazione, non il contenuto; tuttavia, per la conoscenza che ho della storia e dei problemi, antichi e recenti, della nostra città, penso di potermene occupare e, come semplice cittadino, dire la mia per apportare un modesto contributo ed affrontare con maggiore chiarezza le problematiche trattate.
La mozione 40 del consigliere Gennaro Gianturco concerne la necessità di una proroga del pagamento delle tasse e dei tributi comunali; mi sembra una richiesta di buon senso in quanto in questo periodo travagliato di Covid-19, molte famiglie tra le meno abbienti, trovano difficoltà a pagare bollette, tributi, tasse, tariffe. Siccome, però, anche la giunta comunale ha l’esigenza d’incassare, almeno in parte, ciò che le è dovuto per fare funzionare la macchina amministrativa, può non essere in grado di fare a meno totalmente, per un periodo più o meno prolungato, di tutte le entrate derivante dai contributi succitati. Ecco, quindi, che una soluzione che prenda in considerazione le opposte esigenze può consistere nel prorogare il pagamento dei tributi in base al reddito percepito annualmente dalle famiglie. Far pagare, alla normale scadenza, quelle famiglie che percepiscono un determinato reddito annuo, il cui livello venga stabilito dalla giunta medesima, e quindi se lo possono permettere, e prorogare o dilazionare per quanto sia possibile il pagamento alle famiglie più disagiate.
Le mozioni 45 e 46 presentate, rispettivamente, dai consiglieri Ruggero Pegna e Gennaro Gianturco, riguardano, sotto diversi aspetti, l’insediamento dei rom in contrada Scordovillo. Di questo argomento ho trattato altre volte in vari articoli perché è fin dalla sua creazione ed inaugurazione, avvenuta alla fine del mese di gennaio del 1983, che ne seguo le vicende. Sono lieto, perciò, se del problema qualcuno se ne ricordi e ne discuta anche quando esso non costituisce una emergenza per la città. Penso che faccia bene il consigliere Gianturco nel richiedere un controllo e monitoraggio delle condizioni epidemiche dell’insediamento, così come è apprezzabile ciò che sostiene Pegna circa il controllo del “campo rom” e la salvaguardia dell’ambiente.
Bisogna aggiungere che tanti altri sono i nodi fattuali, che si aggiungono alle criticità sopra rilevate, sotto cui va guardata, discussa e valutata la situazione dell’insediamento dei rom a Scordovillo. Il principale dei quali è la eliminazione del campo previa adeguata e civile sistemazione della famiglie e delle persone che vi abitano. È quasi superfluo aggiungere che bisogna partire dall’ineludibile presupposto che gli abitanti di Scordovillo sono cittadini italiani, di etnia rom, con eguali diritti e doveri di tutti gli altri cittadini italiani e bisogna quindi dare loro una sistemazione senza far ricorso ad alcun pregiudizio.
Durante la campagna elettorale del 2015, il sindaco Mascaro, ignorando cosa fosse l’insediamento dei rom in contrada Scordovillo, promise che entro 12 mesi sarebbe stato eliminato; nel corso dei mesi ed anni successivi, durante il quale è rimasto in sella all’amministrazione, dopo aver preso consapevolezza delle durezza e difficoltà del problema, non ne ha più parlato con altrettanta sicumera.
Per onestà intellettuale devo aggiungere che se i due citati consiglieri comunali, si prendono la briga di consultare la Sezione strutturale del Documento unico di programmazione (Dup) approvato dal consiglio comunale nella tornata del 18 settembre scorso, si accorgeranno che nella sezione “Diritti sociali, famiglia ed istruzione” c’è una pagina intitolata: <<Campo rom e processi di integrazione>> dove viene tracciato un plausibile percorso, un progetto direi, di soluzione di vari aspetti legati al problema dell’insediamento di contrada Scordovillo. Penso che sia venuto il momento di diseppellire il citato progetto dalle righe in cui è stato finora costretto per iniziarne il processo di definizione. La pandemia da Covid 19 non ne è un impedimento, anzi; è una condizione, seppure dolorosa per l’intera popolazione, di chiedere i finanziamenti, ottenerli e passare dalle parole scritte, ma impolverate, ai fatti. In questo senso, il contributo dei due succitati consiglieri comunali, e di altri loro colleghi, può essere di notevole supporto.
La mozione 41 riguarda la “istituzione di un percorso turistico storico-culturale” di cui si fa promotore il consigliere Nicotera. Ignoro se il percorso si riferisca alla sola città di Lamezia oppure all’intero territorio lametino, storicamente influenzato, se non dominato, dal ruolo della nostra città. Mi sembra una proposta apprezzabile, purché sia organizzato bene, con criteri di rigore storico-culturale e non alla carlona, che si risolverebbe in null’altro che in una amena e spensierata passeggiata. Una strumento funzionale ai fini della costruzione di un percorso come quello ipotizzato può essere costituito, oltre che da tante altre pubblicazioni, dalla “Guida archeologica della Calabria Antica”, del calabrese prof. Fabrizio Mollo, docente di Archeologia classica presso l’Università di Messina, che traccia un interessante ed esaustivo “Itinerario 2” concernente “La Piana di Lamezia, dalla foce del Savuto all’Angitola”; per quanto riguarda la nostra città Fabrizio Mollo costruisce due itinerari comprendenti: <<Il Museo archeologico lametino>> e <<Il Parco archeologico di Terina>>.
Se consultata, la guida Mollo può rendere più facile sia la fase di costruzione del percorso che quella successiva in cui esso verrebbe ad essere utilizzato e vissuto.
La mozione 47 del consigliere Piccioni ha come oggetto la “facoltà di scienze turistiche a Lamezia Terme”. Credo che il leader di “Lamezia bene comune” abbia ripreso la proposta che è stata avanzata nelle settimane scorse di istituire la suddetta facoltà nell’area della Fondazione Terina. Se così è, potrei chiudere la questione con una battuta: “non si può istituire ciò che non esiste nella organizzazione universitaria” perché le facoltà non esistono più. Esistono invece i dipartimenti nell’ambito dei quali operano, di regola, uno o più ‘corsi di laurea’ attinenti ad analoghe discipline di studio. Nei dipartimenti, dunque, si svolge l’attività didattica mediante i corsi di laurea e l’attività di ricerca in cui è impegnato ogni singolo ricercatore. Ora, nell’Università della Calabria (Uni.Cal.) esiste un corso di laurea triennale ed un corso di laurea quinquennale, magistrale (o specialistica), in “Scienze turistiche e valorizzazione dei sistemi turistici”, che per le necessità dei calabresi e dei loro figli, che vogliano studiare e laurearsi in questa disciplina, basta ed avanza. Il corso di laurea dell’Uni.Cal. serve a formare il personale, specializzato, in possesso delle competenze necessarie per approfondire, sostenere, diffondere e far conoscere il patrimonio culturale della Calabria e per incrementare il turismo integrato nella nostra regione. Con queste premesse, dovrebbe essere chiaro che l’idea di istituire una “facoltà” di scienze turistiche, nella landa della piana lametina appartenente alla Fondazione Terina non sta né in cielo né in terra, ma è frutto di scarsa conoscenza dell’attuale realtà universitaria.