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DATEMI UN LEADER E VI SOLLEVERÒ LA CALABRIA SE NON IL MONDO
Al centro o in periferia il centrosinistra discute sulle cose da fare, obiettivi, strategie, programmi, mentre è disdicevole discutere sui leader. L’anatema per l’uomo solo al comando è lanciato da tutti quei personaggi che nell’ombra coltivano il potere di dar le carte e di nominare loro i leader. Un altro anno è trascorso senza riuscire a Roma o a Lamezia a capire chi potrebbe guidarci per governare emergenze straordinarie per le quali occorrono persone straordinarie.

Alla fine di questo orribile 2020 vorrei provare a ricordare a tanti lettori e amici un antico “modo di far politica” che rappresenta la tragedia seria ma ormai ridicola per il centrosinistra. Parto dal fondo e dal “locale” così è più facile capire subito dove voglio andare a parare. Chi sarà a febbraio il candidato progressista alla Regione Calabria? Zingaretti, per andar dietro ai 5Stelle, rinuncerà ancora a Rubbettino? Oppure, qual è in questo momento a Lamezia l’antagonista del sindaco Mascaro, il suo oppositore? Guarascio, Piccioni? Significa dunque che alle prossime elezioni i due sconfitti alle scorse elezioni ci riproveranno di nuovo, tutti e due in competizione? Lo Moro e Speranza hanno vinto, guarda un pò, quando c’era un unico candidato unitario. Sapete cosa obietterà qualcuno se io, per l’ennesima volta, propongo l’editore per la Calabria? Dirà che, prima del candidato, è più importante il programma.
Infatti il “metodo” a sinistra prevede un rituale del quale non riusciamo a liberarci. Mentre la destra si riunisce intorno a leader, la sinistra (a parole) non ama i leader e preferisce i comitati, i movimenti, le associazioni. I portavoce. Come ha già fatto Piccioni la scorsa volta, un ipotetico Pincopallo che vorrà diventare sindaco a Lamezia, non si presenterà davanti all’opinione pubblica dicendo: ecco, io sono qua, intendo diventare sindaco, vi dico chi saranno i miei collaboratori e anche cosa intenderei fare per la città. Il rituale non è questo ma un altro e prevede che prima di scoprire il nome di  Pincopallo, si scriva un “programma” chiamando a raccolta chi voglia cimentarsi all’impresa. Alla fine, fatto il programma, trovato il simbolo, in prossimità delle elezioni, si passerà a dare il nome. Ma una volta fatto il nome di Pincopallo si faranno vivi altri candidati (fino ad allora in sonno), si farà finta di trattare e alla fine chi vuole si presenta. E il programma? Ognuno ha il suo, tanto il programma è la cosa più inutile della politica italiana. Il programma è importante negli Usa e in Inghilterra, guarda caso là dove ci sono due schieramenti con due leader contrapposti. In Italia il programma è carta straccia e non conta nulla. Resta impresso nella memoria quello preparato a D’Alema dall’economista Nicola Rossi, il quale confessò poi esterrefatto che il leader maximo neanche se l’era letto, e quello di 500 pagine di Prodi per l’Ulivo. Cosa c’è alla base di questo rituale, dentro questa scatola? C’è l’idea ormai decrepita, dal momento che la realtà l’ha sconfessata, che mentre la destra ama il capo, la sinistra ami la pluralità. Nella sinistra le “correnti” ci sono sempre state sin dalla I Repubblica ma si chiamano “sensibilità”, e l’avversione per l’uomo solo al comando altro non è se non un semplice sofisma per rimandare a quel concetto ideal-gaberiano secondo cui libertà è partecipazione. Sarebbe bello il soviet e tutti vorremo partecipare ma se non hai Lenin o un leader credibile, carismatico, affidabile, saggio, generoso, la partecipazione si risolve in una inutile discussione senza sbocchi. Insomma, anche in politica sarebbe tempo di affidarsi ai cacciatori di teste, quegli specialisti che selezionano per le aziende i profili migliori di manager adatti alla guida. Una volta individuato il leader adatto, lui penserà alla squadra e infine alle cose da fare. Come si vede il nostro schema o rituale dovrebbe essere esattamente rovesciato. Ma a sinistra si continua invece a far politica attraverso le cortine fumogene, sulla base del si fa ma non si dice. E’ evidente e chiaro, nessun cacciatore di teste proporrebbe un Zingaretti come capo del Governo. Non ha carisma, è un semplice amministratore locale, dalla sua vita politica ha avuto tutto quello che poteva ricavare. Lo stesso si può dire di Franceschini, di Orlando, per non parlare di Bettini, per fare nomi del pd. Questi tre non sono leader in proprio ma cercano un leader che li rappresenti, tant’è vero che ad un certo punto addirittura hanno pensato di averlo trovato nella sòla Conte.
Ecco allora la tragedia della sinistra italiana, al centro e in periferia, impegnata in stanchi rituali e con piccoli personaggi di potere che intendono dar le carte, cioè come Caligola nominare senatore Incitatus, il suo cavallo. Personaggi incapaci, come si è visto, di trovare finanche un commissario adatto per la sanità calabrese, incapaci di selezionare parlamentari all’altezza del compito, ministri e sindaci competenti. In Calabria così come a Lamezia prima di tutto dovremmo trovare un leader credibile al quale affidare il compito immane di riscattarci. Vedo invece che anche il 2020 è passato e tutto il tempo si passa a disquisire su “cosa” si dovrebbe fare, fingendo di non sapere che la cosa essenziale, la più importante di tutte, è trovare il leader. E’ come se una squadra di calcio intendesse vincere lo scudetto e invece di vedere quali giocatori deve comprare e con quali soldi, passasse il tempo a discutere sullo schema di gioco.