Non c’è due senza tre? Allarga sconsolato le braccia, il sindaco di Lamezia Terme, difronte al secondo scioglimento del consiglio comunale dell’era Mascaro per brogli elettorali evidenziati in quattro sezioni nel corso delle elezioni amministrative tenute appena un anno fa. Questa volta, il primo cittadino non adopera i toni di supponenza come altre volte gli è accaduto di fare quando, non condividendo le posizioni di dissenso provenienti da altri enti o istituzioni, seppur autorevoli, quali per esempio, il Consiglio di stato, i sindacati, i revisori dei conti, se l’è presa in modo forsennato con loro.
Questa volta, incredulo difronte all’inatteso tsunami amministrativo che ha investito la giunta comunale per la seconda volta (“prendo atto con doveroso rispetto della sentenza del TAR…..”) al sindaco non è restato altro che ripetere il suo arcinoto mantra sempre propalato con i toni populistici, assai bene appresi dalle fonti leghistiche, pentastellate e meloniane.
Per smaltire l’evidente amarezza e la malcelata delusione è ricorso, infatti, a frasi di esagerata esultanza dichiarando che tutto finora, nell’amministrazione della città, è andato come meglio non ci si poteva aspettare. Ha fatto, infine, il sindaco, una promessa che assomiglia molto più ad un giuramento nonché ad un impegno solenne. “Resta la certezza, ha promesso, che la guida del comune ritornerà più forte, più motivata, più innamorata di prima”; quindi è sembrato che il primo cittadino volesse rassicurare l’intera popolazione lametina che le forze del male “non praevalebunt adversus eam” in quanto noi li inchioderemo sul bagnasciuga e spezzeremo le reni a chi ci vuole male.
Non c’è due senza tre, ho scritto all’inizio. Ma qual è il terzo scioglimento che potrebbe verificarsi dopo il secondo di questi giorni? E’ quello che si produrrebbe se la Corte di Cassazione, dovesse deliberare nel senso della non candidabilità dell’avv. Mascaro alla carica di sindaco nelle elezioni del novembre dello scorso anno. Lo scioglimento per brogli elettorali in alcune sezioni suona infatti come una lugubre premonizione. Nel caso in cui la Suprema Corte deliberasse per la inammissibilità della ricandidatura, sarebbero tre gli scioglimenti cui andrebbe incontro l’amministrazione di Lamezia Terme nel corso della gestione di una medesima persona investita della carica di primo cittadino. Un primato mortificante, poco invidiabile, difficilmente eguagliabile nella storia della città, ancorché nutrita di scioglimenti del suo consiglio comunale.
L’abbrivio a questo secondo scioglimento ebbe inizio con la decisione di Massimo Cristiano di ricorrere, meno di un mese dopo la conclusione delle elezioni comunali, avverso ai risultati di diverse sezioni elettorali in cui, a parere dei ricorrenti, si sarebbero riscontrati anomalie e brogli. I giornali di quei giorni pubblicarono la notizia che Cristiano e le liste a lui collegate <<hanno presentato un esposto presso la Procura della Repubblica e al Prefetto di Catanzaro, al fine di accertare se durante e dopo la competizione elettorale del 10 novembre 2019, vi siano stati brogli elettorali, ai fini dell’accertamento di penale rilevanza dei fatti riportati e dell’accertamento della responsabilità>>.
Agli inizi di gennaio si ebbe notizia che <<con un dettagliato ricorso al Tar, il candidato a sindaco dei 5-Stelle, Silvio Zizza ha chiesto l’intervento dei giudici amministrativi sostenendo che nel corso delle consultazioni che hanno decretato a novembre 2019 l’elezione di Paolo Mascaro sarebbero state pesantemente viziate da errori e irregolarità diffuse.>>
Le due iniziative furono apprese con apatica disattenzione da tutte le altre forze politiche, sia di sinistra che di destra, come se la vicenda non le riguardasse. Infatti il Pd, Lamezia bene comune, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, UDC nonché i candidati a sindaco, non eletti, di tutti gli schieramenti ma che siedono in consiglio comunale non mossero un dito per appoggiare o sostenere o dare rilevanza in alcun modo all’iniziativa di Cristiano e Zizza; come Ponzio Pilato se ne lavarono le mani come se la vicenda denunciata dai due ricorrenti non fosse “cosa loro”. Se ne stettero a guardare, insomma, con l’atteggiamento degli ignavi, che comodamente seduti sulla riva del fiume aspettano che il cadavere passi. Adesso molti di costoro, partiti e personaggi sedicenti politici, cercano di mettere il cappello sulla vicenda, di dire la loro e di pontificare sui danni provocati da questo ulteriore scioglimento e, soprattutto, di suggerire i comportamenti da tenere per contenerli. Il merito invece va interamente ed unicamente assegnato a Cristiano e Zizza che con caparbietà e volontà sono andati fino in fondo alla vicenda dei presunti brogli facendo venire a galla la verità, che la procura della repubblica potrebbe scoprire essere non molto nitida.
A metà gennaio dell’anno in corso, si fece vivo anche il sindaco affermando che la <<Giunta comunale con sua deliberazione [aveva deciso] di costituirsi in giudizio e resistere alla richiesta di annullamento delle elezioni e ripetizione del voto>>. Le motivazione addotte furono di due specie: <<l’esigenza di intervenire a tutela della correttezza e regolarità dell’attività svolta dalle sezioni elettorali e il mantenimento della proclamazione degli eletti quale presupposto del funzionamento dell’Ente comunale>>.
A me sembra di poter distinguere nella vicenda due risvolti; uno che attiene alla necessità di far emergere la verità su ciò che si presume sia successo e, nel contempo, di garantire la legalità nelle procedure elettorali che sono state oggetto dei ricorsi. La garanzia che tutto sia avvenuto nel rispetto della normativa elettorale riveste una rilevanza di tale portata che il TAR ha sentito l’obbligo d’investirne la procura della repubblica lametina attraverso la trasmissione dei verbali affinché si indaghi se nella vicenda medesima non emergano comportamenti che abbiano rilevanza penale. L’altro risvolto riguarda l’interesse che ha il Comune di garantirne il governo. Sono due risvolti fondamentali sia per l’azione pubblica che per la cittadinanza. Ognuno può intenderla come vuole e scegliere da che parte stare. Per me, l’interesse preminente è quello della ricerca della verità e del rispetto della legalità nei comportamenti pubblici. In quanto, se si persegue la legalità si ottiene certamente anche il buon funzionamento dell’attività amministrativa; mentre quando si dà la preminenza all’attività di governo, anche solo sottovalutando l’osservanza della normativa che regolamenta uno, o più, dei suoi molteplici aspetti, non sempre si è certi di perseguire la verità e salvaguardare la legalità.
Il sindaco ha scelto di perseguire l’espletamento dei compiti pubblici dell’Ente resistendo alla legalità e giustificando questo suo ricorso anche con il fatto che sia “prassi consolidata” che il Comune resista ai ricorsi che riguardino l’Organo, come se la prassi consolidata, così come le leggi, non possa essere mutata con un altro tipo di prassi ancorchè non consolidata, ma nell’interesse della legalità collettiva.
Schierarsi con la legalità da parte della giunta comunale sarebbe stato doveroso in una città gravata dalla triste reiterazione di tre scioglimenti per infiltrazioni malavitose e con il procedimento in itinere, mi ripeto, di una eventuale incandidabilità del sindaco che, come una spada di Damocle, pende non solo sulla sua testa, ma soprattutto su quella dei cittadini lametini. Questo evento comporterebbe il quinto scioglimento degli organismi comunali. Uno scioglimento ogni dieci anni dalla sua esistenza, cioè. Un bel primato di cui andare veramente orgogliosi. Perché nemmeno in una città di una delle tante repubbliche della banane sud-americane si raggiungono primati di questo genere.