E’ questo un pensiero che mi assilla: quanto accade in questo lembo di terra ubbidisce, non so per quale arcano mistero, ad uno schema rigido, a regole che trovano origine nella notte dei tempi ed in quel territorio dal quale partirono poeti e pensatori, coloni e artigiani, condottieri e scultori che da Taranto a Cuma, a partire dall’VIII secolo A.C., colonizzarono l’area geografica della penisola italiana meridionale, la cosiddetta Magna Graecia, della quale noi calabresi ne costituimmo buona parte. Sarà forse questo ascendente, che abbiamo nel nostro dna, a condizionarci la vita?Fate un po’ mente locale e pensate alla tragedia greca ed alla sua struttura.
Iniziava essa generalmente con un prologo, preambolo costituito da un monologo o da un dialogo finalizzato ad informare il pubblico sugli antefatti della vicenda.
Seguiva la parodo, canto d’ingresso del coro; poi gli episodi, da tre a cinque, che contenevano le parti dialogate tra gli attori e gli stasimi, cioè canti corali inseriti tra un episodio e l’altro per illustrare e commentare la vicenda che si stava sviluppando.
Concludeva la tragedia l’esodo, il canto d’uscita del coro a cui si associava spesso la discesa del deus ex machina, ossia di un personaggio divino calato in scena con una macchina teatrale per risolvere situazioni disperate.
Sicuramente, amici lettori, vi starete chiedendo se oggi io sia uscito di senno.
Niente di tutto ciò: il fatto è che nella tragicommedia “Sanità in Calabria” ravviso il revival della tragedia di Eschilo e di Euripide.
Pertanto, ricalcando la struttura della tragedia greca, partendo dal prologo e finendo all’esodo, tento di scrivere la sceneggiatura della più grande ingiustizia sociale che ha vissuto e sta vivendo la popolazione calabrese da più di un decennio, nell’indifferenza e nella iattanza di chi ci governa, segga a Roma o alla Cittadella degli Uffici di Germaneto.
Prologo
Agazio Loiero imperante, la sanità calabrese mostrò i primi segni di cedimento. Poi Il barcone cominciò a beccheggiare pericolosamente sotto la consiliatura di Scopelliti, che agiva nella duplice veste di governatore e di commissario ad acta. A parere degli storici quando il pibe de oro lasciò la tolda del comando il declino dell’intero comparto sanitario era ormai inarrestabile e, con i buoi ormai fuggiti dalla stalla, il governo centrale – più o meno scientemente – pose fine al malvezzo del doppio incarico, riconoscendone l’inutilità e l’incompatibilità gestionale.
Ebbe inizio così l’era commissariale: primus inter pares l’ing. Massimo Scura, dei cui litigi con il governatore Oliverio sono piene le cronache dei giornali. E’ storia recente il suo avvicendamento con il gen. Saverio Cotticelli, investito dallo tsunami mediatico parimenti al suo collega Zuccatelli.
Una parentesi, quella commissariale, tutta da dimenticare, durata ben un decennio alla fine della quale i risultati economici, malgrado i tagli al personale, la chiusura indiscriminata di ospedali ed il “trasferimento” di interi reparti da un nosocomio all’altro, non hanno sortito alcun effetto positivo, anzi il disavanzo di bilancio ha avuto un’ulteriore impennata. Taccio poi sui “disservizi” all’utenza tartassata di ticket, superticket ed “abbuffata” di chilometriche liste di attesa nel sommo gaudio e nel tripudio della sanità privata. Il tutto avvenuto, mi ripeto, nell’indifferenza, nella iattanza e nella illogicità delle scelte operate da chi ci governa. Resta, infatti, un mistero della fede la nomina di un ingegnere e poi di un generale alla guida della sanità che, invece, avrebbe avuto bisogno di altre professionalità.
Parodo
I debiti sanitari accumulati negli anni dalla regione Calabria sono tra i più alti d’Italia. Secondo stime, non certezze, i 60 ml. iniziali (anno 2005) dovrebbero essere 120 ml (anno 2019). Ma non c’è barba di contabile disponibile a giurare sulla veridicità di questi numeri ballerini come tutti quelli afferenti ai contagi pandemici. Tutto ciò perché tra le innumerevoli inefficienze c’è anche il sistema informativo integrato, non ancora a regime, che non si interfaccia con il sistema nazionale. Motivo per il quale tutti i dati provenienti dalla nostra regione sono considerati con ampio beneficio di inventario. Eppure grazie a questo network dovremmo essere in grado di conoscere con un clic, il numero dei posti letto per ogni singolo ospedale della regione, le prestazioni ospedaliere di ogni ricoverato, le buste paga dei dipendenti, la mobilità attiva e passiva e chi più ne ha più ne metta.
Il “giochino” ai calabresi è costato, negli ultimi sette anni 36,2 ml. di euro, con l’aggravante che interfacciandoci con il Sec-Sisr approssimativamente e solo per determinate applicazioni, le asp spendono di tasca propria centinaia di migliaia di euro per sopperire alle loro esigenze informatiche giornaliere.
Una domanda sorge spontanea, diceva Antonio Lubrano nel corso di una sua datata trasmissione e la faccio mia: che kaiser hanno fatto nell’ultimo decennio i commissari governativi? E che altro Kaiser hanno fatto i responsabili del dipartimento sanitario regionale se non hanno saputo(?) o voluto mettere la parola fine nemmeno agli evidenti sprechi e sperperi denunciati dalla stampa libera? No, in questo puzzle c’è qualche tessera che non va al posto giusto.
Episodi
Eppure il tavolo Adduce, organismo interministeriale preposto al controllo del piano di rientro regionale, come da noi denunciato, in una delle sue ultime riunioni concluse con una sfilza di “non adempiente” il giudizio sulle problematiche sanitarie calabresi, ivi compreso l’emotrasporto del sangue che a tutt’oggi, malgrado i buoni propositi, di Scura prima e di Cotticelli poi, non è stato mai regolarizzato. Anche se bastava poco per uscire dal ginepraio nel quale versa: evidente violazione della legalità e della trasparenza sulla bocca di tutti ma nel cuore di nessuno, come rilevato dal tavolo Adduce e dalla stampa non compiacente ad occulti poteri.
Nel dissesto sanitario emerge, conseguentemente un altro dato allarmante: il 20% dei pazienti calabresi cerca di curarsi fuori regione. La mobilità sanitaria vale, sempre se i dati sono attendibili, 4,3 mld di euro all’anno. Ci sono, conseguentemente regioni che incassano ed altre che spendono. Vi lascio immaginare qual è la posizione della Calabria in questa altra hit parade.
Stasimi
La sanità calabrese è una zona grigia nella quale convivono politica, massoneria e ‘ndrangheta tanto per rispettare le genetiche appartenenze. Non sono mie supposizioni, ma affermazioni del giudice Gratteri: in Calabria la sanità è il mammellone da succhiare, addirittura ‘ndrangheta e locali “succursali” (‘ndrine) preferiscono le comode entrature sanitarie al più rischioso traffico di droghe.
Ecco, Il comparto sanitario mette d’accordo tutte le parti in causa: i politici prima di tutto per l’eterno apporto di voti che la ‘ndrangheta gli garantisce (il voto di scambio): favori ai clan in cambio di consensi elettorali al politico di turno. A tal proposito potrei aprire un’ampia ed approfondita discussione sulle responsabilità del nostro parlamento che non ha avuto la “voglia” di approfondire l’argomento chissà perché; la massoneria deviata e non – non fa differenza – che non perde l’occasione di entrare nei vari business ed in tutti servizi pubblici pur di essere presente nelle stanze dei bottoni.
Non è esente, come quarto complice, il Governo che tratta i meridionali come cittadini di serie B, spendendo per loro nella sanità, come in tutte le altre utilities, meno, molto meno che per gli abitanti dell’altra Italia.
L’esodo
Ed eccoci giunti alla farsa, al tragicomico. Nella tragedia greca il deus ex machina calava sulla scena risolvendo il disperato problema oggetto della rappresentazione teatrale.
Su quella stessa frequenza, con la disinvoltura di sempre ci hanno calato come neo commissario alla sanità l’ex prefetto Guido Longo che ha così esordito: “vengo in Calabria per aiutare la gente, mi auguro che tutte le istituzioni mi siano vicine”.
Mi piace il dott. Longo, uomo di fatti e non di parole. Però, però…mi preoccupano le promesse che col passare dei giorni si stanno svuotando di “contenuto”: dalla commissione, che doveva essere composta da 25 magnifici manager di diversa formazione ed estrazione, a supporto di quanto Longo dovrà fare, stando a quanto leggo ci si sta orientando a rastrellare personaggi ripescati nei meandri della Cittadella. Come dire, senza offesa per alcuno, che giocheranno la palla i soliti dotati di adeguata esperienza maturata in curricula prefabbricati.
In verità mi sarei aspettato, questa volta, criteri di scelta attagliati alla bisogna. Guido Longo è persona di tutto rispetto, ma non credo che al di là di instaurare legalità e trasparenza abbia le competenze per rifondare ex novo la sanità calabrese.
Dubbi e perplessità mi affliggono sui 25 magnifici manager ripescati nei meandri dei dipartimenti regionali. Se sono quelli che calcano le scene da lustri, giunti a notorietà per scarsa, provata “avvedutezza” in interventi sui media nazionali, ebbene siamo allo statu quo ante.
Se così è mi sia consentito dubitare di queste improvvise giravolte che mi fanno presagire, al contrario di quanto avveniva nelle tragedie di Euripide, che “il deus ex machina”, Guido Longo, non vestirà i panni di salvatore dei destini della Calabria. A ben leggerci.