Si conclude col presente forse uno dei peggiori anni dell’ultima storia. Risulta piuttosto arduo anche solo imbarcarsi in una ricognizione letteraria che valga a rintracciare la giusta citazione, il sigillo o l’epigrafe che possa degnamente scortarlo verso la sua chiusura. Tutte le speranze sono migrate ormai sul versante opposto, sull’anno venturo, il quale ha perlomeno il pregio scaramantico della non bisestilità.
Non vi è sorta di capitale (umano, valoriale, comunitario interpersonale o puramente economico-finanziario) che quest’anno non abbia intaccato. Il gap fra i sommersi e i salvati dal “progresso” continua a irrobustirsi in un sistema ad accelerazione continua. La questione meridionale è viva più che mai e persevera nel mostrarci gli inappellabili segni della sua endemicità, accompagnati da un coreografico contorno di mafia e di massoneria. La sanità fa temere per il peggio – e chiudiamo qui. L’umore generale è collocato per lo più sotto la suola della scarpe.
Ma resta l’affetto dei cari… Forse neppure quello, date le stringenti disposizioni anti-covid che ci impoveriscono delle più basilari e spontanee manifestazioni affettive… Niente messa di mezzanotte fra lumi da presepe e fragranza di fritto nel vestiario dei fedeli. Delle festività in tenuta da palombaro, dunque, fatte di cauti accorgimenti e di effusioni prese con le molle, ossia virtuali?
Poco male, comunque, se costituisca veramente un’esigua porzione di male l’aver abdicato da quella corporeità del gesto che ci rendeva vivi.
Un anno insomma da cancellare con un lungo frego di penna ad inchiostro? Si, ma perché vi si possa continuare a leggere sotto dobbiamo ripudiare assolutamente il bianchetto.
Quest’anno è destinato a generare una sterminata filza di lezioni e lezioncelle, e parecchie di esse purtroppo sbagliate. Si tratta per lo più – con buona pace dei cyberprofessori – delle lezioni tenute in forma di webinar e più in generale in remoto. Nessuna di quest’ultime ha toccato il nervo vivo della questione. La vera lezione, aldilà dei bollettini, dovrà cavarsela ciascuno individualmente, abolendo ogni mediazione pretenziosamente didattica e scontata. Siamo uomini e donne vivi, spirituali e carnali, a vocazione critica. Opponiamo alla democrazia pecoresca che ha finora governato, una democrazia pensante, con i migliori e più sentiti auguri per il prossimo anno, per la prossima storia.
Cogliamo l’occasione per ribadire – sebbene risulti palese in ogni singola riga di questo web journal – la nostra assoluta distanza da certi atteggiamenti preconcetti o di bandiera, spesso sottesi alle in apparenza neutre cronachette e resoconti che caratterizzano certo giornalettismo dei nostri tempi. La nostra crew, non unita da nessun altro ideale che la totale e incondizionata imparzialità assieme all’assoluto nitore degli intenti, pone immensa cura nell’operare una critica disgiunta dei casi via via trattati. Gli ipotetici locali di redazione, se mai vi fossero, disporrebbero di un ampio tavolino da simposio su cui piantare una vivissima dialettica, ma di nessun oscuro ripostiglio in cui appendere voti obliqui, primizie politiche e squisite prebende. Sebbene vengano sovente alla luce, in chiare lettere, nomi e cognomi, qui si continua a giudicare per fatti e non per persone. In sintesi, il nostro marchio è l’altezza (nel segno del distacco critico e della visione d’insieme) e la terrestrità (nel segno dell’aderenza alle cose e dell’umiltà).
Auguri dalla redazione di Lameziaterzomillennio
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