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IL PAESE DEVE RITROVARE SE STESSO, IN QUOTA IL FRONTE DEL SUD, ARRANCA LA CALABRIA
Lamezia Terme tra condizionamenti esterni e fattori endemici. L’anno che verrà sarà decisivo per il decollo della regione e per l’inizio della primavera calabrese e lametina

Devo riconoscerlo, cari concittadini, nei nostri scritti di fine d’anno abbiamo volato alto non per “scimmiottare” i grandi media con i quali non possiamo competere, né tanto meno per accreditare verità delle quali siamo incerti dal momento che esse hanno sfaccettature diverse a seconda della provenienza e degli interessi dei tutor che li tengono in vita. Però, vivaddio, grazie alle conoscenze, derivanti dalla vita vissuta, ed alla nostra indipendenza, intellettuale e non, siamo sempre in grado e nella potestà, di discernere ed andare per la via maestra che è quella della legalità, della trasparenza, dell’onestà, sempre ed a qualsiasi costo, nei fatti, non a parole.
Oggi il Paese, prima di ogni altra cosa deve ritrovare se stesso: l’Italia è una ed alla sua creazione tutti abbiamo contribuito versando lacrime e sangue. Non mi piace rispolverare pagine che la Storia ha già archiviato, ma c’è bisogno di ritrovare il bandolo di quella matassa smarrito nel momento in cui si è cominciato ad accreditare e tangibilmente operare mettendo il Sud, ad esser benevoli, in secondo piano. Prova ne è la conferenza Stato – Regioni, “tabernacolo” della democrazia divenuto luogo dove sono stati consumati i peggiori misfatti degli ultimi dieci anni.
Si, è vero, sta prendendo quota un fronte delle Regioni del Sud, nel quale “arranca” la nostra Calabria, da sempre, e per sempre in tal contesto, Cenerentola d’Italia.
Ve ne state chiedendo il perché? Non c’è bisogno di arzigogoli cerebrali né tantomeno ricorrere a pesanti frequentazioni yoga; basta dare uno sguardo ai trascorsi cinquant’anni di regionalismo per trarre le conclusioni: siamo dove eravamo: al niente vestito di niente, con scarpe di niente, con il naso di niente e la bocca di niente, recitava una filastrocca di Gianni Rodari!
Potrei scrivere documentatissime pagine sul dolce far niente di quel consesso regionale che in un cinquantennio non ha scritto una pagina che segnasse l’inizio di un’attività economica produttiva che camminasse con sue gambe e senza il sostegno di sostanziose “trasfusioni” per tenerla in vita. Taccio per non ripetermi e se qualcuno volesse approfondire l’argomento lo faccia per suo conto.
Certo non è questo l’argomento giusto da trattare in tempore benevolentiae,  tra festività di fine d’anno  e scambi augurali di miglior vita (…quali guardando gli orizzonti), però mi sentirei un ipocrita, se preso dalla mistica indulgenza natalizia, non sottolineassi che due o più sono le Italie e che anche nel Fronte del Sud esiste un ulteriore sacca (la Regione Calabria) dove per nome e per conto di una classe politica che non sa vedere al di là del proprio naso, potrebbe esserci  la chiave di Volta dello sviluppo dell’intera regione.
Mi riferisco alla nostra città, Lamezia Terme, chissà perché tenuta all’angolo. Certo le cause dello status quo cittadino non sono ascrivibili solo a condizionamenti esterni, bensì pesano, come macigni, anche, fattori endemici. Se siano preponderanti gli uni o gli altri non ha particolare importanza in quanto è il  combinato disposto che ha relegato la parte baricentrica della Calabria al ruolo di semplice comparsa laddove avrebbe dovuto, invece, impersonare quello di primattore.
Su fatti e misfatti, sugli abusi e sulle soverchierie commesse ai danni di questa città sono stati versati fiumi di  inchiostro (condizionamenti esterni). Molto, ma molto meno, sui fattori interni (endemici).
A parte la politica dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia, penso che tutti siano a conoscenza  del fatto che lo scollamento dell’elettorato lametino dalla politica (elezioni politiche, regionali amministrative il numero dei votanti non supera nelle competizioni elettorali il 44%) abbia motivazioni che, quanto meno andrebbero prese in seria considerazione dagli strateghi dell’urna. Ma non se ne fotte nessuno all’insegna del “pochi siamo meglio andiamo”.
Da che cosa è originato questo disinteresse per la res publica? Forse dal convincimento che tutto è inutile in un mondo permeato da malapolitica, clientelismo, corruzione, illegalità diffusa ed  impunibilità dei colpevoli!
Pertanto in città, come nella regione tutta, non ci si meraviglia più di qualsiasi scandalo, anzi si rafforza quel concetto che rivestire una carica politica è una “assicurazione” sulla eterna impunibilità.
A parte la convinzione su esternata, diffusa da nord a sud, la quaestio lametina, allo scenario descritto  ha aggiunto del suo: non si percepisce più in  città alcun dibattito politico se non l’abbaiare alla luna di qualche “gloria” che, piaccia a no, si è visto defenestrato dal terzo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione mafiosa e che, rieletto a furor di popolo, al di là  dell’autoesaltazione, condita solo da estrinsecazioni floreali, da slogan e dal trionfo dell’io,  è stato momentaneamente sospeso per verificati brogli, che non lo riguardano, in quattro sezioni elettorali.
Una città, pertanto, che pur in evidente stato comatoso, non partecipa più alla vita amministrativa ed, inutile nasconderlo, la ratio di tal comportamento va ricercata nel rigetto di uomini e cose appartenenti a quel siffatto mondo politico.
E’ una città complessa Lamezia Terme: dalla notte dei tempi, sta assistendo al suo inesorabile declino e, quel che è peggio, senza mai avere nemmeno la speranza di un concreto progetto di sviluppo che possa invertire la sua caduta libera.
Nel 2021 dovremo rivotare per eleggere il nuovo presidente della Regione. La kermesse elettorale, però ha già avuto inizio. Spasmodica è la ricerca del presidente della giunta da parte delle segreterie politiche. Più o meno, sottovoce, si fa già qualche nome. Non si parla, invece, di un progetto serio di rilancio della Calabria, mentre a Lamezia i soliti faccendieri, senza arte né parte, sono in agitazione per la conquista del posto al sole. Allo stato si paventano buone probabilità che ci si regali un’altra giunta pateracchio.

Cari concittadini, siamo al punto del non ritorno, è giunto il momento di scendere in piazza; non perpetuiamo l’errore di far giocare la palla ai soliti “noti”; c’è bisogno di progetti seri, di proposte concrete, di persone credibili, dotate di capacità e lungimiranza, in grado di portarle avanti.  C’è bisogno di Voi, costituenti quel 56% di spettatori ritirati sul colle aventiniano!
A tal proposito al di là delle appartenenze e degli schieramenti politici sarebbe auspicabile che si costituisse un gruppo di uomini e donne con la ritrovata voglia di scendere in campo e mettersi in gioco soprattutto per rompere equilibri consolidati, camarille e compromessi di sempre.
E’ una sfida difficile, ma vivaddio, diamolo questo segnale di vitalità! Archiviamo quest’anno nefasto con l’augurio che il 2021 sia l’anno della presa di coscienza, della primavera calabrese e lametina.