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CORRE SERI RISCHI L’ ATTUALE CONSILIATURA LAMETINA
Il ricorso di Zizza al Consiglio di Stato avverso la sentenza del TAR della Calabria che ha annullato i risultati elettorali in quattro sezioni e l’incandidabilità del sindaco su cui deve deliberare la Corte di Cassazione.

Penso di non ricordare male nel riferire un episodio riportato dai giornali nel mese di marzo del 2019:  a fronte della notifica dell’appello inoltrato al Consiglio di Stato dall’Avvocatura Generale dello Stato avverso la decisione dei giudici amministrativi  del Lazio che, dopo lo scioglimento del consiglio comunale disposto nel 2017 per infiltrazioni malavitose, avevano reintegrato il consesso civico, con annessi sindaco e giunta, il primo cittadino di Lamezia rivelò di aver trascorso”, dopo averne appreso la notizia,  una “notte insonne” e di aver deciso di iniziare lo “sciopero della fame”.
Ignoro se corrispondessero a verità sia la perdita del sonno che l’inizio volontario del rifiuto del cibo; sono certo però che lo sciopero della fame non ebbe per lui alcun effetto positivo in quanto, in seguito a quel ricorso, il Consiglio di Stato non solo smentì clamorosamente la sentenza del Tar del Lazio, non solo ribadì la correttezza dello scioglimento per infiltrazioni malavitose da parte del governo, ma reiterò la presenza dell’amministrazione commissariale imponendone il ritorno nel Palazzo municipale di contrada Maddamme.
Ho citato questo episodio, di circa due anni fa, perché alla notizia che il candidato a sindaco Silvio Zizza abbia conferito il mandato ai suoi legali per presentare appello contro la sentenza con cui il Tar della Calabria ha deciso di annullare il risultato elettorale in sole quattro sezioni, invece di annullarlo nel suo complesso, in quanto i brogli  interesserebbero almeno la metà delle sezioni elettorali lametine, il sindaco abbia di nuovo trascorso una notte insonne. Non riesco, però, ad immaginare se anche in questa occasione renderà noto di aver deciso per la reiterazione dello sciopero della fame.
Ho l’impressione che le cose, per questo consiglio comunale  e per la giunta,  si siano messe male e non mi stupirei se entro tempi, più o meno brevi, si dovesse assistere alla prematura estinzione della consiliatura iniziata nel novembre dello scorso anno.
Due  spade, più affilate e taglienti di quella proverbiale di Damocle, pendono infatti sulle teste del consiglio comunale e dell’amministrazione che ne è l’espressione: una è rappresentata dal ricorso zizziano, appunto; l’altra dal ricorso di fronte alla Corte di Cassazione, che ha per oggetto l’incandidabilità dell’avvocato Mascaro alle elezioni successive a quelle dello scioglimento del consiglio comunale e, dunque, delle elezioni del novembre 2019 che lo consacrarono di nuovo quale sindaco della città.
Per quanto concerne la prima spada, bisogna ricordare le parole che scrisse il Consiglio di Stato, letteralmente “stracciando” quelle precedentemente vergate dalla sentenza del Tar del Lazio, che annullava lo scioglimento del consiglio comunale lametino; furono parole durissime non solo riguardo al merito della sentenza, non solo riguardo alla fondatezza  e necessità dello scioglimento, ma innanzitutto, per quanto aveva riguardato il modo di agire dell’amministrazione comunale non improntato sempre a correttezza formale e sostanziale. Riporto, per fare un solo esempio, quanto scrisse, in quell’occasione, il Consiglio di Stato: <<Questo Collegio deve rilevare che la disciolta amministrazione comunale, anziché operare in modo “esemplare” come pure affermano gli appellati nella loro memoria, non ha nemmeno atteso, incontestabilmente, lo scadere del termine previsto dall’art. 92, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 al fine di acquisire la documentazione antimafia, per affidare il servizio ad una società inquinata da grave condizionamento mafioso, che da moltissimi anni continuava a svolgere detto servizio, mentre sarebbe stato opportuno attendere l’emissione del provvedimento antimafia liberatorio…..>>.
Dopo aver contestato innumerevoli altri vulnus che si erano verificati nell’ambito dell’amministrazione e del consiglio comunale fino alla data dello scioglimento, il Consiglio di Stato concluse la sua deliberazione con questo grave ammonimento: <<Ogni futura azione politica e amministrativa che risulterà dall’esito delle prossime elezioni, dovrà recidere qualsiasi rapporto, qualsiasi compromesso con il potere mafioso, senza scendere a patti con esso per convenienza o connivenza o mero timore, se vorrà essere autenticamente rispettosa del principio democratico, che anima la Costituzione>>.
Esiste un precedente, dunque, di cui si è occupato il Consiglio di Stato, da non sottovalutare e che potrebbe proiettare la sua influenza anche nella vicenda elettorale  in seguito alla quale si è formata l’attuale amministrazione comunale presieduta dal medesimo sindaco di allora.
Per quanto riguarda l’altra spada pendente,  e cioè l’ incandidabilità dell’inquilino di Palazzo Maddamme , si resta in attesa delle decisioni che dovrà prendere la Corte di Cassazione.
È evidente che il combinato disposto dei due problemi sotto esame, i quali attengono alla medesima materia, riveste una notevole e grave rilevanza per i destini non solo di questa amministrazione e di chi la guida, ma anche per la società civile lametina. Ribadisco quindi, ciò a cui ho accennato più sopra: non ci dovremo sorprendere se nelle prossime settimane o mesi di questo incerto, sotto tanti punti di vista, nuovo anno, dovessimo apprendere che sia il Consiglio di Stato che la Corte di Cassazione, oppure l’uno o l’altra, abbiano deciso in modo tale che questa consiliatura abbia termine e si debba rivotare.