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1968: LA LEZIONE DELL’UNIVERSITA’ PRESTO E AL POSTO GIUSTO
di Francesco Scoppetta    /  politica   / 11 febbraio 2021

Prima parte

Richiamando alla mente la disputa che si svolse a partire dal 1968 tra Cosenza e Lamezia Terme per la sede dell’Ateneo della Calabria, e la rivolta di Reggio Calabria del 1970, vorrei occuparmi in tre articoli della fitta trama di “istanze di natura territoriale” che la Calabria ha conosciuto. Perchè il Pci sacrificò in quel frangente Lamezia e preferì Giacomo Mancini? E perchè Catanzaro non ha mai accettato di costituire con Lamezia l’area centrale della Calabria, magari lasciando la Regione ai reggini e puntando sul campus universitario nella piana? Tutto cominciò con le Regioni, con l’autostrada al posto sbagliato che Mancini volle tutta per sè e per quell’Università presto e al posto giusto che i comunisti si rifiutarono di definire quale fosse.

Non intendo svolgere un’analisi storica per la quale non ho competenze ma vorrei richiamare alla mente la disputa che si svolse a partire dal 1968 tra Cosenza e Lamezia Terme per la sede dell’Ateneo della Calabria.  Quella contesa, alla quale io partecipai con la tessera della Fgci (giovani comunisti) in tasca, col trascorrere del tempo mi ha fatto capire meglio la politica.
A distanza di così tanto tempo resta piena di significati anche per uno come me che oggi segue le lezioni di un economista come Michele Salvati: un riformista intende sempre coniugare giustizia con libertà e “combattere ogni giorno, nel governo, nel Parlamento, nei partiti, sui media, le tante battaglie parziali di cui il riformismo si nutre”.
Oggi è un dato storico acclarato la lunga durata della quasi incomunicabilità tra le varie Calabrie, così diverse per tradizione storica, struttura economica, articolazione sociale, sin dal dopo terremoto di Reggio e Messina del 1908.
Luigi Ambrosi in un saggio che citerò spesso (Regionalizzazione e localismo) definisce “una fitta trama di istanze di natura territoriale” la competizione che prima della rivolta di Reggio del 1970 coinvolse anche altre città e province.
La nostra disputa con Cosenza e il suo nume tutelare Mancini (resta impresso nella memoria di tutti il suo comizio a piazza Madonnina di Nicastro) “sebbene non si espresse in forme conflittuali di rilievo”, si intrecciò con la questione degli investimenti industriali – in particolare del V centro siderurgico – e interessò diverse zone della Calabria, tra cui la Locride, facendo emergere tensioni infraprovinciali con Reggio.
A questo proposito, il ministro democristiano cosentino Riccardo Misasi aveva rivelato negli anni novanta di aver assunto un’iniziativa per convincere i catanzaresi dell’opportunità di concedere il capoluogo a Reggio, «in cambio di una concentrazione delle attività industriali-manifatturiere nella fascia centrale della Calabria, da Crotone sino a Lamezia Terme». Un progetto che non fu reso pubblico perché avrebbe potuto creare, secondo Misasi, nuove spaccature tra la gente di Calabria. Lo schematismo proprio dei momenti sempre più semplificanti […] probabilmente avrebbe generato tanti altri fenomeni di “boia chi molla”. Avremmo potuto avere una divisione, o un’insorgenza a Lamezia o a Crotone, luoghi dove nella mia ipotesi, poteva, ad esempio essere prevista l’ubicazione del quinto centro siderurgico. Avremmo potuto, cioè, dividere la Calabria in quattro cinque pezzi: Reggio contro Catanzaro e viceversa; Crotone e Lamezia contro Catanzaro e magari a favore di Reggio; Gioia Tauro e i centri della Piana con Catanzaro e contro Reggio [Sgroj 1991, 211].
Esisteva, dunque, la consapevolezza degli effetti laceranti che le rivendicazioni territoriali e i conflitti infraregionali concentratisi nel momento di costituzione della Regione nel 1970 potevano avere sull’unità della Calabria, che storicamente possedeva un’identità regionale plurima e perciò debole.
Guido Crainz ha ricostruito come meglio non si potrebbe, almeno questo è il mio punto di vista, lo scenario.
“Nella lettura dei moti di Reggio e dell’Aquila non va dimenticato che in Calabria come in Abruzzo l’agitazione per il capoluogo è preceduta di alcuni anni da quelle per l’Università, che vedono protagoniste le diverse città e province, con cortei studenteschi e cittadini, blocchi stradali e ferroviari (cose inusuali per gli studenti prima del ’68). E vi partecipano, quasi sempre, anche le organizzazioni della sinistra. In Calabria scioperi studenteschi per l’istituzione di una università nella regione sono segnalati già dal 1966 a Catanzaro e Cosenza, e dopo la legge istitutiva si incentrano sulla sua applicazione e – soprattutto – sulla sua localizzazione, su cui il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) tarda a pronunciarsi. La mobilitazione cresce dunque durante e dopo il ’68, trovando momenti di fortissima acutizzazione nel gennaio-febbraio del 1970 sia nel Cosentino che nel Catanzarese (in modo particolare nella «sede candidata» della provincia, Lamezia Terme). In entrambe le province si succedono scioperi studenteschi che coinvolgono diversi centri e blocchi stradali e ferroviari a ripetizione, con il coinvolgimento di ampi settori della popolazione. Alla fine del gennaio 1970, ad esempio, dopo un intervento della polizia, a Lamezia Terme vi è una mobilitazione che coinvolge sino a 6000 persone, un corteo cui aderiscono partiti e sindacati, il vescovo e i commercianti, e poi un nuovo blocco dell’autostrada e della linea ferroviaria con migliaia di persone ecc.. “ ( « La stagione dei movimenti: quando i conti non tornano» -Rivista meridiana -Creare due, tre, molte università… )
L’esplosione dei particolarismi, che esercitano il loro diritto morale di fronte all’ingiustizia della politica, avviene su una grande trasformazione non governata (o governata senza una logica credibile che non sia quella clientelare e spartitoria), afferma Crainz.
“È fortemente simbolica, del resto, la vicenda stessa dell’ente regionale, che doveva essere il perno di un nuovo rapporto fra cittadini e istituzioni, lo strumento di nuove modalità della politica volte a sostituire quelle dello Stato burocratico e centralista: il nuovo ente nasce invece, nel 1970, già decrepito, con le stimmate dei vecchi vizi dello Stato e della politica che quindi si moltiplicano. (continua)