Sicuramente andrei al di là delle mie conoscenze se, colto da raptus, mi accingessi a scrivere un pistolotto sulla comparsa dell’homo sulla terra. Mi limito, pertanto, senza tema di sbagliare, ad affermare che il primate è l’uomo di Neanderthal, affine all’homo sapiens, che visse nel periodo paleolitico medio.
Il fatto poi che dei neanderthaliani siano stati ritrovati resti anche in Calabria (a Nicotera, una porzione cranica ed a San Francesco d’Archi, una mandibola) mi fa pensare che l’homo lametinus ha degli antenati di tutto rispetto, dai quali ha ereditato pregi e difetti. Se siano gli uni prevalenti sull’altro saranno gli storici a dirlo.
Quanto sopra mi torna utile per sostenere che l’egotismo del lametino – forse retaggio neanderthaliano, atteggiamento psicologico diverso dall’amor proprio – consiste nel culto di sé e nel compiacimento narcisistico della propria persona e delle proprie qualità.
Dell’ homo lametinus, del suo egotismo, condito con qualche cucchiaiata di masochismo, il nostro Francesco Scoppetta, “dipinge uno splendido ritratto” (allegato in calce al presente e visibile cliccandoci sopra) che, a mio parere è la testimonianza della responsabilità politica di coloro i quali, passivamente (non vado a votare) o attivamente (voto per l’amico o per l’amico dell’amico), sono corresponsabili dell’attuale situazione politica di Lamezia Terme.
Tale premessa nasce proprio dalla considerazione che siamo sempre pronti a buttar la croce addosso agli altri, a vestire panni sacrificali non guardando mai dentro noi stessi. Se ne dicono tante… in democrazia c’è posto per tutti, saggi e gonzi.
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Qualche giorno fa, edito da Grafichèditore, opera apprezzabile dello storico Vincenzo Villella, è stato pubblicato un libro dal titolo ARTURO PERUGINI e la nascita di LAMEZIA TERME. Calza a pennello la prefazione del prof. Franco Cimino che ci restituisce l’immagine di un Perugini, “regionale e regionalista”, che ideò per “sconfiggere i campanilismi e quell’atavica ignoranza, anche politica, la Grande Lamezia per la Grande Calabria”. Un concetto, questo, non condiviso e disatteso, aggravato, ieri come oggi, < dall’ alterigia e dalla supponenza nonchè dalla cecità dei dirigenti politici catanzaresi> che hanno sempre considerato la città della piana non un’occasione di sviluppo per l’intera regione e la sua economia, bensì come un’ antagonista del capoluogo regionale, da tenere a bada ad ogni costo e con qualsiasi mezzo. Ed ancora dopo un cinquantennio non è servita a nulla la “lectio magistralis“ – Calabria cenerentola d’Italia – tant’è che la regione segna il passo senza una seria programmazione ed una concreta pianificazione delle direttrici di sviluppo socio economico a seconda del territorio, mentre il capoluogo regionale, per garantirsi la sopravvivenza, continua ad “attrezzarsi” accentrando tutto quel che può, e di più, tra le mura della città delle aquile, divenuta la turris eburnea dell’intera rete burocratica regionale.
Non ha altra spiegazione e significato la continua, progressiva spoliazione di Lamezia, per esempio di uffici e presidi sanitari che, dalla sera al mattino, sono stati trasferiti nel capoluogo di regione – apoteosi della bellezza – in nome di una fantomatica maggiore efficienza e funzionalità, che meglio sarebbe definire come la perpetuazione di quel giochino noto col nome di fotticompagno.
E’ presente ancora il tribunale che, amaramente mi fa dire meno male che c’è la mafia; l’ospedale ormai ridotto a un buon pronto soccorso e l’aeroporto perché “non ha le ruote” per essere trasferito sullo Ionio.
A scanso di equivoci sottolineo che non sto partecipando ad un contest goliardico dal tema “chi la spara più grossa”, ma voglio ricordare agli smemorati l’esclusione dell’ospedale lametino dall’unione del polo sanitario costituito dal Pugliese Ciaccio e dal Mater Domini, addirittura abrogando la legge approvata dalla precedente consiliatura Oliverio che prevedeva il nosocomio lametino facente parte della cordata. Vogliamo poi aggiungere i tentativi di cambiare il nome all’aeroporto di Lamezia Terme o della metropolitana veloce Germaneto – Aeroporto di Lamezia, senza “toccare” le tre stazioni della città della piana?
Condivido, pertanto, con il prof. Cimino, l’imponente potenziale di sviluppo, che avrebbe avuto la Calabria, dalla collaborazione Catanzaro/Lamezia. Di fatto, però, la frattura ha creato due debolezze che hanno compromesso lo sviluppo e la crescita dell’intera regione.
Non concordo, invece, quando egli parla di rivalità sullo stesso terreno ricambiata, anzi sono del parere che, fatta qualche eccezione, la situazione lametina sia la diretta conseguenza dell’eterna interferenza catanzarese nel voler gestire e/o condizionare la vita politica lametina secondo convenienza e desiderata degli organi di partito regionali, di centro, di destra e di sinistra.
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Non so a chi giovi questa guerra tra poveri che tanto richiama alla mente i capponi di manzoniana memoria!
Sono vicende tristi e meschine che travalicano ogni buon senso, che gettano una luce sinistra sui protagonisti e sul loro impegno, solo parolaio, per la realizzazione della Grande Lamezia.
Comunque al di là degli ostruzionismi di ieri e di oggi e dei reiterati tentativi di impedirne la crescita, è lapalissiano che senza la “costruzione” di una classe politica che abbia occhi per guardare al di là della siepe, la Calabria, i calabresi, e preminentemente i lametini, non usciranno mai dal pantano nel quale sono immersi.
Tale convinzione, piaccia o non piaccia, nasce dal fatto che dopo il sen. Arturo Perugini, la città della piana non ha mai avuto politici sagaci ed intelligenti che, in nome e conto del territorio che rappresentavano facessero valere ragioni e desideri di buon governo.
E qui, unicuique suum, casca l’asino: i lamentini (non è un errore) al di là del piangersi addosso, e per dirla con Amleto, del sopportare il torto dell’oppressore e la contumelia del superbo, perduta la speranza di poter cambiare il gattopardesco andazzo politico, si sono ritirati sull’Aventino, lasciando la giocata in mano ai soliti noti, agli amici dei noti ed agli ignoti amici degli amici dei soliti noti.
Ed è questo il refrain che essi declinano svogliatamente, da oltre cinquant’anni, disertando le urne all’insegna del ‘tanto non cambia nulla’ sorretti in questa convinzione dagli scandali che si susseguono a go – go ai vari livelli istituzionali.
Una domanda sorge spontanea: i lamentini sono così per un mutato Dna o per altrui colpa? Certo una ragione c’è se essi disertano le urne, tant’è che la percentuale dei votanti sul numero dei potenziali elettori a volte non raggiunge nemmeno il 50%!
Sarà perché quel che resta della nostra comunità – l’altra metà della mela – si è consegnata agli amici di turno per bisogno o avidità? O perché – come sostiene il nostro redattore – ci rovinano gli Amici Potenti ai quali ci asserviamo mentre i nemici ce li siamo cresciuti in casa?
Ancor più certo è che questa città langue mentre tutti giurano di amarla. Ma è mai venuto in mente a qualcuno di confrontare l’amore del politico di turno per il suo tornaconto – EGOTISMO – e quello avuto per la sua città?
A me vien da piangere se penso che, dopo un cinquantennio – tanto per dire una boutade – l’evoluzione del nostro turismo termale si concretizzi in una gurna (traduco per il colto e l’inclita: vasca di raccolta di acque) nella quale è possibile immergersi ed in una bancarella di frutta e verdura per chi avesse dimenticato di far la spesa al supermercato.
Buona gente lametina, non meriti questo trattamento, non lasciare giocare la palla ad altri, scendi in campo e sii tu protagonista. Una volta per tutte dai il benservito a ciarlatani, affaristi, gregari e comparse perché essi sono dei morti per la democrazia ed è compito dei veramente vivi seppellire i morti nelle vecchie arche dei cimiteri politici.
Basta con il trionfo dell’IO, io e solo io. E NOI? Guardati attorno perché non sei solo. La STORIA ci insegna che le grandi rivoluzioni sono avvenute solo per l’avvedutezza di minoranze illuminate!
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