IL CONFERIMENTO DELLA LIGEA AL PERSONAGGIO DELL’ANNO HA RISVEGLIATO L’AMOR PROPRIO DEI LAMETINI
Ha avuto luogo, come programmato, l’evento mediatico relativo alla consegna di una targa ricordo al lametino Personaggio dell’anno da poco trascorso. Come è noto il riconoscimento, consistente in una scultura in bronzo, opera unica del lametino Franco Cimino, è andato all’avv. Gennaro Masi, presidente della Fondazione Terina, società in house della Regione Calabria, per avere sanato i bilanci aziendali, da tempo immemore sempre in profondo rosso, in solo tre anni di sana e avveduta gestione. Poiché le richieste di intervento erano considerevoli il Comitato “Lamezia 4 gennaio”, è stato costretto a rinunciare all’apporto del pubblico iscritto a partecipare, per consentire ai relatori designati di svolgere la propria relazione. Per tal motivo essi hanno deciso di ritrasmettere il webinar anche su You Tube per cui vi indichiamo il link sul quale cliccare per prenderne nota e riformulare le domande ed avere risposta.
Ha avuto luogo, come programmato, l’evento mediatico relativo alla consegna di una targa ricordo al lametino Personaggio dell’anno da poco trascorso. Come è noto il riconoscimento, consistente in una scultura in bronzo, opera unica del lametino Franco Cimino, è andato all’avv. Gennaro Masi, presidente della Fondazione Terina, società in house della Regione Calabria, per avere sanato i bilanci aziendali, da tempo immemore sempre in profondo rosso, in solo tre anni di sana e avveduta gestione. Poiché le richieste di intervento erano considerevoli il Comitato “Lamezia 4 gennaio”, è stato costretto a rinunciare all’apporto del pubblico iscritto a partecipare, per consentire ai relatori designati di svolgere la propria relazione. Per tal motivo essi hanno deciso di ritrasmettere il webinar anche su You Tube per cui vi indichiamo il link sul quale cliccare per prenderne nota e riformulare le domande ed avere risposta.
Nel corso degli argomenti trattati è emerso che ai lametini sta molto a cuore l’avvenire della propria città. Ve ne proponiamo una sintesi ripromettendosi – il Comitato Lamezia 4 gennaio – di trattare l’argomento in tutti i suoi risvolti in un webinar che avrà luogo a metà del mese in corso.
PER UNA NUOVA CITTA’ AL CENTRO DELLA REGIONE
di Renato Borelli / politica / 01 marzo 2021
di Renato Borelli / politica / 01 marzo 2021
Non è mia intenzione fare un excursus dietrologico sulla travagliata storia della città di Lamezia Terme. Questo è un compito che lascio agli storici ed alla loro analisi rigorosa degli accadimenti, pur avendone, io stesso da cronista, ampiamente scritto ieri come oggi.
Ciò, però, non mi esime dal fatto che per trattare l’argomento a me assegnato debba fare qualche riferimento alla salomonica decisione che sancì Catanzaro capoluogo di Regione e sede della giunta e Reggio Calabria sede del consiglio regionale, perché è da qui che ha inizio la storia infinita di Lamezia Terme, la più grande fiction messa mai in scena. Attori principali Mancini, Misasi, Antoniozzi, Vincelli accompagnati dallo stuolo dei locali vassalli e valvassori.
Ricordare ciò non è, pertanto dietrologia, bensì rimarcare quanto le risse scatenate dal bieco campanilismo e dalla mollizia governativa – incline al compromesso, al quieto vivere ed al volemese bene – abbiano nociuto allo sviluppo dell’intera regione costituendo, di contro, linfa vitale per la rigogliosa crescita degli egoismi paesani, in una guerra tra poveri, purtroppo ancora in atto.
In questo mare procelloso la città lametina, principessa sul pisello, là era e là è rimasta in trepida attesa del principe azzurro che la impalmasse, ma sic stantibus rebus, non è azzardato ipotizzare un acido zitellaggio.
Ebbe un destino avverso questa città, forse perché non ha mai avuto una classe politica dirigente che sapesse guardare al di là della siepe, che avesse una visione chiara sul ruolo della città della piana che, per la sua ubicazione baricentrica, avrebbe potuto avere un ruolo di primaria importanza nello sviluppo dell’intera regione; ed ancora, al di là della cecità politica e della incapacità gestionale, non va gettato alle ortiche la scarsa o inesistente attenzionalità dovuta ai principi fondanti la democrazia partecipata – legalità e trasparenza – se dopo tre scioglimenti del consiglio comunale ancora oggi stiamo a giocare a cavacecio per brogli elettorali, accertati in quattro sezioni in occasione delle ultime competizioni amministrative.
Ma l’acqua passata non fa macinare il mulino, vuole la saggezza popolare, sempre che si riesca a fare un’analisi critica degli errori commessi e soprattutto, senza piangersi addosso guardare ai “mali” come ad un esercizio per rafforzare le proprie virtù. Bando alle ciance quindi; seppelliamo negli avelli politici la Lamezia dei sogni che muoiono all’alba, refrain che c’è stato propinato per cinquantadue anni, colossal flop condito nel trascorso mezzo secolo, con tutte le salse dai politici di turno che si sono inventati di tutto e di più – Città dei due Mari, Città Mediterranea, Conurbazione Catanzaro/Lamezia, Città Globale-strimpellando quel motivetto inneggiante alla centralità della città della piana, allo sviluppo turistico e termale, al rilancio dell’agricoltura, dell’artigianato e della piccola e media industria.
Una immagine che cozza, insomma, con quella attuale della città ridimensionata nel comparto sanitario, depauperata di importanti uffici istituzionali, mortificata in ogni sua aspettativa, etichettata come città mafiosa ed addirittura, coinvolta anche nello scandalo calcistico dirty soccer, retrocessa qualche anno fa nel campionato di prima categoria.
Per carità di patria cancelliamo quest’ultimi cinquant’anni e non piangendoci addosso ripartiamo tentando di ricostruire una nuova citta’ al centro della regione escludendo, prima di tutto, ogni progetto di sviluppo integrato e condiviso con il capoluogo di Regione perché esso fa parte di quelle favole metropolitane, trite e ritrite, inventate per gabellare il prossimo.
La Grande Lamezia, la Città dell’Istmo – chiamatela come più vi aggrada – o meglio la Città allargata a tutti i Comuni che si affacciano sulla piana lametina, deve nascere attraverso la costituzione e la connotazione di un POLO TIRRENICO DI SVILUPPO, che abbia l’unico comune obiettivo di promuovere ed attivare un programma condiviso da tutti i partecipanti al sodalizio, nel quale tutti sono primi inter pares. Quindi senza alcuna rinuncia alla propria identità ed autonomia amministrativa.
Il sodalizio, poi, da trasformare in consorzio nel rispetto delle norme di legge vigenti, non ha e non avrà mai alcuna colorazione politica e la figura del coordinatore rigorosamente super partes, da eleggere dai consorziati, dovrà essere individuato possibilmente fuori dal mondo politico. Ne verrebbe fuori una realtà territoriale di circa ventisei comuni rappresentanti 140.000 abitanti con obiettivi politici condivisi nell’ambito delle tematiche relative a sviluppo socio – economico, ambiente e territorio.
Avanzai questa proposta già qualche anno fa, ma fu raccolta solo da qualche sindaco, probabilmente perché nessuno di lor signori prese la palla al balzo per dar corso all’iniziativa accennata o, peggiore dell’ipotesi, non si sentì interessato alla vicenda, probabilmente per amor del natio campanile o perché angustiato da problemi di altra natura.
Certo è che da allora la gentil donzella lametina, affetta da rachitismo ipofosfatemico, versa in gravi condizioni di salute e, quel che è grave, non è stata adottata alcuna valida terapia.
E’ necessario, pertanto, che i cittadini lametini, gli “aventiniani”, quelli che non credono più alle taumaturgiche virtù di certa politica e dei suoi rappresentanti – vale a dire il 50% degli elettori – scendano in campo e si impadroniscano della vita politica cittadina dando il benservito a ciarlatani, imbonitori ed affaristi.
Allora, gente dell’indotto lametino – il pistolotto vale per tutti – rimbocchiamoci le maniche, non piangiamoci addosso, diamo corso prima di tutto alla “pulizia etnica elettorale” non votando i candidati imposti dalle segreterie dei partiti (se chiaccherati) o caldeggiati dagli amici degli amici o addirittura in odor di santità. Insomma ce lo dice la storia passata e recente dei nostri vari livelli istituzionali, che la politica e’ una cosa sporca, affermazione questa che, sì ci fornisce un alibi per tacitare la nostra coscienza civica e cosi’, a furia di snobbarla, è diventata sporca davvero.
Si pone, pertanto, in modo particolare per noi lametini, un imperativo categorico di stile kantiano:
togliere i delinquenti alla politica e la politica ai delinquenti!
Solo cosi’, scendendo in campo, giocando noi la palla, possiamo e dobbiamo cambiare la politica quella vera, quella che partendo dalla polis giunge ai padri costituzionalisti, cosi’ come l’ha spiegata piu’ volte Zagrebelsky.
Questa mia esternazione è un atto di speranza ed io nello scrivere spero che gli elettori lametini voltino finalmente pagina; che Lamezia ed il suo indotto trovino la quadra per dar vita ad una nuova entità riacquistando la dignità perduta, ponendo fine alle soverchierie ed ai campanilismi, gettando le basi per un serio programma di sviluppo dell’area che, piaccia o non piaccia, potrebbe diventare il motore di sviluppo per l’asfittica economia regionale calabrese.
Ciò, però, non mi esime dal fatto che per trattare l’argomento a me assegnato debba fare qualche riferimento alla salomonica decisione che sancì Catanzaro capoluogo di Regione e sede della giunta e Reggio Calabria sede del consiglio regionale, perché è da qui che ha inizio la storia infinita di Lamezia Terme, la più grande fiction messa mai in scena. Attori principali Mancini, Misasi, Antoniozzi, Vincelli accompagnati dallo stuolo dei locali vassalli e valvassori.
Ricordare ciò non è, pertanto dietrologia, bensì rimarcare quanto le risse scatenate dal bieco campanilismo e dalla mollizia governativa – incline al compromesso, al quieto vivere ed al volemese bene – abbiano nociuto allo sviluppo dell’intera regione costituendo, di contro, linfa vitale per la rigogliosa crescita degli egoismi paesani, in una guerra tra poveri, purtroppo ancora in atto.
In questo mare procelloso la città lametina, principessa sul pisello, là era e là è rimasta in trepida attesa del principe azzurro che la impalmasse, ma sic stantibus rebus, non è azzardato ipotizzare un acido zitellaggio.
Ebbe un destino avverso questa città, forse perché non ha mai avuto una classe politica dirigente che sapesse guardare al di là della siepe, che avesse una visione chiara sul ruolo della città della piana che, per la sua ubicazione baricentrica, avrebbe potuto avere un ruolo di primaria importanza nello sviluppo dell’intera regione; ed ancora, al di là della cecità politica e della incapacità gestionale, non va gettato alle ortiche la scarsa o inesistente attenzionalità dovuta ai principi fondanti la democrazia partecipata – legalità e trasparenza – se dopo tre scioglimenti del consiglio comunale ancora oggi stiamo a giocare a cavacecio per brogli elettorali, accertati in quattro sezioni in occasione delle ultime competizioni amministrative.
Ma l’acqua passata non fa macinare il mulino, vuole la saggezza popolare, sempre che si riesca a fare un’analisi critica degli errori commessi e soprattutto, senza piangersi addosso guardare ai “mali” come ad un esercizio per rafforzare le proprie virtù. Bando alle ciance quindi; seppelliamo negli avelli politici la Lamezia dei sogni che muoiono all’alba, refrain che c’è stato propinato per cinquantadue anni, colossal flop condito nel trascorso mezzo secolo, con tutte le salse dai politici di turno che si sono inventati di tutto e di più – Città dei due Mari, Città Mediterranea, Conurbazione Catanzaro/Lamezia, Città Globale-strimpellando quel motivetto inneggiante alla centralità della città della piana, allo sviluppo turistico e termale, al rilancio dell’agricoltura, dell’artigianato e della piccola e media industria.
Una immagine che cozza, insomma, con quella attuale della città ridimensionata nel comparto sanitario, depauperata di importanti uffici istituzionali, mortificata in ogni sua aspettativa, etichettata come città mafiosa ed addirittura, coinvolta anche nello scandalo calcistico dirty soccer, retrocessa qualche anno fa nel campionato di prima categoria.
Per carità di patria cancelliamo quest’ultimi cinquant’anni e non piangendoci addosso ripartiamo tentando di ricostruire una nuova citta’ al centro della regione escludendo, prima di tutto, ogni progetto di sviluppo integrato e condiviso con il capoluogo di Regione perché esso fa parte di quelle favole metropolitane, trite e ritrite, inventate per gabellare il prossimo.
La Grande Lamezia, la Città dell’Istmo – chiamatela come più vi aggrada – o meglio la Città allargata a tutti i Comuni che si affacciano sulla piana lametina, deve nascere attraverso la costituzione e la connotazione di un POLO TIRRENICO DI SVILUPPO, che abbia l’unico comune obiettivo di promuovere ed attivare un programma condiviso da tutti i partecipanti al sodalizio, nel quale tutti sono primi inter pares. Quindi senza alcuna rinuncia alla propria identità ed autonomia amministrativa.
Il sodalizio, poi, da trasformare in consorzio nel rispetto delle norme di legge vigenti, non ha e non avrà mai alcuna colorazione politica e la figura del coordinatore rigorosamente super partes, da eleggere dai consorziati, dovrà essere individuato possibilmente fuori dal mondo politico. Ne verrebbe fuori una realtà territoriale di circa ventisei comuni rappresentanti 140.000 abitanti con obiettivi politici condivisi nell’ambito delle tematiche relative a sviluppo socio – economico, ambiente e territorio.
Avanzai questa proposta già qualche anno fa, ma fu raccolta solo da qualche sindaco, probabilmente perché nessuno di lor signori prese la palla al balzo per dar corso all’iniziativa accennata o, peggiore dell’ipotesi, non si sentì interessato alla vicenda, probabilmente per amor del natio campanile o perché angustiato da problemi di altra natura.
Certo è che da allora la gentil donzella lametina, affetta da rachitismo ipofosfatemico, versa in gravi condizioni di salute e, quel che è grave, non è stata adottata alcuna valida terapia.
E’ necessario, pertanto, che i cittadini lametini, gli “aventiniani”, quelli che non credono più alle taumaturgiche virtù di certa politica e dei suoi rappresentanti – vale a dire il 50% degli elettori – scendano in campo e si impadroniscano della vita politica cittadina dando il benservito a ciarlatani, imbonitori ed affaristi.
Allora, gente dell’indotto lametino – il pistolotto vale per tutti – rimbocchiamoci le maniche, non piangiamoci addosso, diamo corso prima di tutto alla “pulizia etnica elettorale” non votando i candidati imposti dalle segreterie dei partiti (se chiaccherati) o caldeggiati dagli amici degli amici o addirittura in odor di santità. Insomma ce lo dice la storia passata e recente dei nostri vari livelli istituzionali, che la politica e’ una cosa sporca, affermazione questa che, sì ci fornisce un alibi per tacitare la nostra coscienza civica e cosi’, a furia di snobbarla, è diventata sporca davvero.
Si pone, pertanto, in modo particolare per noi lametini, un imperativo categorico di stile kantiano:
togliere i delinquenti alla politica e la politica ai delinquenti!
Solo cosi’, scendendo in campo, giocando noi la palla, possiamo e dobbiamo cambiare la politica quella vera, quella che partendo dalla polis giunge ai padri costituzionalisti, cosi’ come l’ha spiegata piu’ volte Zagrebelsky.
Questa mia esternazione è un atto di speranza ed io nello scrivere spero che gli elettori lametini voltino finalmente pagina; che Lamezia ed il suo indotto trovino la quadra per dar vita ad una nuova entità riacquistando la dignità perduta, ponendo fine alle soverchierie ed ai campanilismi, gettando le basi per un serio programma di sviluppo dell’area che, piaccia o non piaccia, potrebbe diventare il motore di sviluppo per l’asfittica economia regionale calabrese.