Anche nel governo diretto da Mario Draghi cominciano a fare capolino divisioni e contrasti, tra i vari partiti e movimenti che lo compongono alla guisa di un traballante mosaico. Le divisioni sono una costante strutturale e storica della cultura civile, sociale, e soprattutto politica, della società italiana. Fin dai tempi più antichi ci siamo sempre divisi su tutto: tra guelfi e ghibellini, bianchi e neri, cattolici e laicisti, fascisti ed antifascisti, democristiani e comunisti, juventini e milanisti o interisti e…l’elenco potrebbe continuare all’infinito.
Nell’attuale congiuntura storico-politica, trascorso il periodo della luna di miele, nell’ambito governativo cominciano ad emergere i contrasti ed i distinguo tra i partiti che ne costituiscono la compagine e tra i cacicchi ed i capi-bastoni politici dei vari territori, regionali soprattutto, tra di loro e tra questi ed il governo. Ecco perché, guardando alla storia italiana del periodo repubblicano, non si apprezza mai abbastanza il capolavoro di Alcide De Gasperi che, nel 1943, con il “Codice di Camaldoli” e le “Idee ricostruttive”, posti alla base del suo progetto, prese l’iniziativa di fondare la Democrazia Cristiana. Un partito d’ispirazione cristiana ed interclassista, che faceva della Dottrina sociale della Chiesa la bussola per procedere nel campo delle realizzazioni sociali, civili e politiche. Il partito dello scudocrociato che fin dalla sua costituzione, per la sua stessa natura originaria di partito interclassista, si articolò in correnti, che ne arricchivano la capacità di progettazione e di realizzazione politica, era ben saldo ed unito nelle mani della leadership degasperiana e in quelle dei suoi storici successori (Fanfani, Moro, Rumor, Andreotti, Mattarella, Colombo, Cossiga, Segni. Tina Anselmi etc. etc.).
Subito dopo la guerra, sotto la spinta propulsiva degasperiana, la Dc ha ricostruito l’Italia; ha innescato il miracolo economico attraverso cui il Paese, che traeva il reddito nazionale per l’80 per cento dall’agricoltura, è diventato così sviluppato per cui il cui prodotto interno lordo (Pil) è derivato e continua a provenire soprattutto dalla sua strutturazione industriale, dai servizi e dal turismo integrato; ha fondato l’Unione europea; ha aderito all’Alleanza atlantica con i maggiori paesi occidentali ed è entrata a far parte del G7, i sette maggiori paesi industrializzati del mondo. Ha realizzato la riforma agraria. Ha dotato il Paese di un apprezzato Sistema sanitario nazionale. Con la Cassa per il Mezzogiorno, che nella storia del Meridione ha finito per costituire l’emblema della politica meridionalistica che di più ha saputo realizzarne la trasformazione, ha contribuito a risolvere i problemi essenziali e primari, quelli che non potevano più oltre mancare affinché la convivenza nelle regioni meridionali avesse i requisiti elementari per essere effettivamente civile e degna di questo appellativo.
Mi riferisco alla elettrificazione di città e paesi, anche a quelli interni e situati nelle zone più impervie e spesso inaccessibili; alle reti fognanti di cui la maggior parte dei centri abitati era priva; alla scolarizzazione di milioni di analfabeti; alla regimentazione dei fiumi e al rimboschimento di colline e montagne; ai collegamenti stradali tra paesi mai collegati tra di loro; al collegamento autostradale tra le regioni del nord e quelle del sud; alla costruzione di centinaia di migliaia di chilometri di reti idriche per l’irrigazione di centinaia di migliaia di ettari di terreni sprovvisti di risorse irrigue e…l’elenco potrebbe continuare aggiungendo ancora tante altre cose.
Nella medesima congiuntura politica e temporale, il Partito comunista, ha continuato nella sua politica di contrasto ai progetti dei governi democristiani e, per poter procedere unito, si è affidato al centralismo democratico, mediante il quale ogni critica che sorgeva nel suo ambito doveva esser tenuta segreta perché il partito doveva sempre mostrarsi unito all’esterno. In caso contrario sarebbe imploso come successe quando la fazione di origine ingraiana che si denominava “Manifesto” (da cui poi l’omonimo giornale), che aveva condannato l’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’Unione Sovietica nel 1968. Non essendosi allineata agli ordini che prevedeva che il dissenso dovesse rimanere nell’intimo delle segrete stanze della sede di via delle Botteghe Oscure, ne fece conoscere i contenuti e fu immediatamente accusata di frazionismo e cacciata dal partito nel 1969.
ll Partito socialista, da parte sua, dopo un primo periodo in cui ha condiviso per intero la politica sia interna che estera del Pci, (tanto che nel 1952 Pietro Nenni ricevette a Mosca il Premio Stalin per la pace…) ha continuato, successivamente, nella sua mai dismessa pratica di scindersi in tanti rivoli fino alla leadership di Bettino Craxi. Tra i partiti di medio-piccola dimensioni si era posizionato, alla destra estrema, il Movimento sociale che se n’è restato nostalgicamente confinato nel limbo dell’anti-politica e della protesta fine a se stessa.
Gli altri partiti minori per quantità di suffragi ricevuti, ma guidati da uomini di primissimo piano e grandissimo valore (Ugo La Malfa, Giuseppe Saragat, Giovanni Malagodi, etc. etc.) hanno contribuito, alleati di volta in volta con la Dc, a formularne la progettazione e sostenerne le iniziative politiche e sociali. Alla sinistra estrema, un serie di raggruppamenti estremistici, senza storia né prospettiva, che dopo alcuni anni di presenza nelle istituzioni sono scomparsi, lasciando, ai nostri giorni gli eredi in Leu, Art.1 etc.
Scomparsa dopo circa 50 anni la Dc, ai tempi di allora ed a quel modo di fare politica con personalità che, con il trascorrere dei decenni, si stagliano sempre più come giganti ineguagliabili, soprattutto se confrontate con tanti minuscoli nanerottoli politici attuali, sono succeduti, purtroppo, i partiticchi ed i governicchi odierni: Forza Italia, il cui leader, Silvio Berlusconi, pur rivendicando la sua appartenenza ideologica e le sue scelte politiche al liberalismo, altro non ha saputo fare che, in primis, i propri interessi; il Partito democratico, un “amalgama mal riuscito”(secondo il giudizio di D’Alema); la Lega bossiana prima e salvinina poi (sovranista e razzista sempre, partito di lotta e di governo a giorni alterni); il Movimento 5-stelle di Grillo (populista e qualunquista, privo di qualsiasi idea coerente di società e di politica).Cosa ne poteva venir fuori, con queste aggregazioni politiche e con gli uomini che ne sono la guida, se non una perenne litigiosità ed una diversità estrema di politiche e prospettive sociali tra e nei partiti, unita ad una totale incapacità di governare?
Quasi improvvisamente è arrivato Mario Draghi, sospinto da una pandemia che ogni giorno di più si rivela di difficile spegnimento e causa lutti, accentua le povertà e mette in pericolo il sistema produttivo nazionale che rischia di andare in frantumi e sfasciarsi. Ecco perché mi sono richiamato a De Gasperi; perché c’è solo da sperare che Draghi gli rassomigli e con la sua guida al governo si possa verificare una svolta decisiva e l’Italia ritrovi lo spirito e la voglia di realizzare e rimettere l’Italia in carreggiata, come si fece allora, a partire dal dopoguerra, soprattutto nel ventennio 1948-1970. Ne abbiamo tutti bisogno, l’Italia ne ha bisogno!!