«La soluzione si trascina»; «il problema, una volta posto, deve esser risoluto»; «urge, non si può tardare oltre ad affrontare la questione». Chi legga queste e simiglianti sentenze pensa perché il governo, perché il parlamento, perché il ministro competente, tardano tanto? Codesti frettolosi non riflettono: è questo davvero non uno dei tanti, ma il problema; e come accade che di volta in volta, ogni giorno diversi, tanti siano i problemi urgenti, dei quali la soluzione non può farsi attendere senza danno, anzi senza grave danno? Perché è così lungo l’elenco dei problemi urgenti; e così corto quello degli scritti nei quali sia chiaramente chiarito il contenuto di essi? Come si può deliberare senza conoscere? Così scriveva Luigi Einaudi in “Conoscere per deliberare-Prediche inutili” (Einaudi, Torino, 1964).
Costantino Fittante per tutta la sua intensa vita politica ha dimostrato di condividere queste parole di uno dei Padri della Repubblica Italiana. Come si può deliberare senza conoscere? Nel suo volume “Microstorie e sviluppo del territorio” (grafichEditore, 2020) egli dimostra come la politica possa ridursi a semplice “propaganda…specie quando i fenomeni cui ci si riferisce non sono stati adeguatamente analizzati e rispetto ai quali non sono stati elaborati realistiche soluzioni”. Fittante al contrario con questo testo, pubblicando una parte delle sue relazioni, documenti, articoli, insomma parte del materiale conoscitivo prodotto in un trentennio di attività politica, ci mostra quanto lo studioso si sia affiancato al parlamentare, al consigliere regionale, al sindaco, per elaborare “soluzioni possibili delle problematiche territoriali e delle condizioni di vita dei lavoratori e dei cittadini”. Una militanza quindi ed un impegno, stando in maggioranza o all’opposizione, sostenuti da uno studio instancabile di problematiche complesse.
Il contrario di quel che ci tocca vedere e sentire oggi quando il populismo, di qualsiasi colore, sa soltanto lanciare slogan per prospettare soluzioni impraticabili che semplificano in maniera assurda problemi che solo gli specialisti padroneggiano per davvero. Un solo esempio per capirci: subito dopo il crollo del ponte Morandi a Genova i 5stelle hanno promesso di togliere immediatamente la concessione delle autostrade ai Benetton, ma oggi dopo due governi Conte la “propaganda” si è rivelata ben poca cosa e le promesse sono rimaste lettera morta, come succede sempre quando un politico parla a vanvera, senza aver approfondito la materia, come uno scolaro asinello che ripete al maestro cose appena orecchiate. Tutto lo spessore intellettuale di Fittante e la sua anima dialogante con chi non la pensa come lui (l’empatia è parte del suo carattere) emerge in pagine fitte di analisi ed elaborazioni e le tre sezioni del libro, introdotte con intelligenza da Veltri, Bagnato e Priolo, compongono tre direttrici di interesse e di studio: Ordine pubblico e mafia; il Mezzogiorno e la Calabria; le problematiche delle Regioni. Come si vede, tre capitoli ancora aperti sui quali si gioca il futuro di una nazione intera, per l’intreccio che ogni giorno, soprattutto in piena pandemia, le questioni irrisolte ci mostrano in modo evidente. Il Mezzogiorno non potrà mai svilupparsi se la pratica “mafia e ‘ndrangheta” non riceve una soluzione definitiva (se lo Stato non si dimostra più forte delle mafie), le Regioni dei “Governatori” (che hanno preso il posto del partito dei “sindaci-cacicchi” come D’Alema li aveva chiamati negli anni novanta ) non hanno avvicinato la politica al territorio e la mafia non è più fenomeno soltanto meridionale così come la pubblica amministrazione non è più efficiente al Nord come qualcuno poteva immaginare.
Sono rimasto colpito durante la lettura dalla profondità delle analisi, che spaziano, come fa notare il prof. Bagnato, dall’agricoltura alla università, perché conoscevo bene, anche per l’intensa attività culturale dell’associazione “Riforme-Democrazia-Diritti”, lo sguardo acuto che Fittante ha rivolto alla nostra Lamezia Terme, ma avevo solo una vaga idea delle altre questioni importanti che ha approfondito con la stessa passione e lucidità. Il volume pertanto non documenta soltanto l’attività di “un testimone del nostro tempo” perché ogni testimone parla di ciò che ha visto e sentito. Fittante invece è stato un politico di professione che voleva cambiare le cose e risolvere problemi, non soltanto descriverli, non è stato lo specialista di un settore che lascia al politico le soluzioni pratiche, come tanti virologi di oggi. Ha capito la cosa fondamentale che proviene da Gramsci (Quaderni del carcere) “ Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza…Molti pensano addirittura che la difficoltà sia artificiale, perché sono abituati a considerare lavoro e fatica solo il lavoro manuale. È una questione complessa”.
C’è un articolo apparso sul quotidiano “il Domani” del 5 maggio 1999, s’intitola “I misteri di Lamezia”. Comincia così: “A Lamezia Terme crescono a ritmo sostenuto i supermercati e gli sportelli bancari”. Ecco il suo stile (non importa di “cosa” uno si occupi, è il “come” che importa), secco, senza fronzoli e fumisterie, diritto alla sostanza. Perché “nessuno si occupa dei fenomeni in atto nella città, per analizzarli, capirli, indirizzarli, governarli”. Quattro verbi messi in fila in bell’ordine che dovrebbero essere incisi nella coscienza di ciascuno di noi.
Nel settembre del 1976 tiene una relazione sulla “realtà calabrese” ad una scuola di partito per Segretari e Dirigenti di sezioni Pci. Ad un certo punto scrive: “In una Regione come la Calabria c’è un abisso tra scuola, economia e società, tra scolarizzazione di massa e sbocchi di lavoro e professionali (70 mila giovani disoccupati). Non ci sono più margini per il posto pubblico (quale che sia) e neppure per l’emigrazione. Questo divario non si colma se la scuola profondamente rinnovata e tutte le forze che essa esprime non si impegnano – con scelte e orizzonti nuovi- all’impostazione e alla soluzione dei problemi che lo sviluppo della Calabria pone e che sono problemi comuni al Mezzogiorno e al Paese. Punto più alto di questo impegno deve diventare l’Università della Calabria”. Queste parole di quasi mezzo secolo fa sembrano scritte oggi e ciò, non vorrei sbagliarmi, significa due cose: che non riusciamo a venire a capo di questioni cruciali che, come ho già detto, sono nazionali e non locali; e anche che la vista lunga dello studioso che intende andare oltre le frasi fatte e i luoghi comuni resiste al tempo. Costantino Fittante non si è dedicato a fare prediche inutili.