E’ fuor di dubbio, gIi organi costituzionali vanno perdendo sempre più il rapporto con la società. Prova ne è l’accentuato declino che si sta manifestando con il forte aumento dell’astensionismo dalla partecipazione attiva alla vita politica e sociale della res pubblica, con la diminuzione del numero degli iscritti ai partiti, con la sfiducia dei cittadini nei loro confronti. Sintomi questi che la dicono lunga sulla loro trasformazione in oligarchie autoreferenziali che mettono in serio pericolo la credibilità della democrazia rappresentativa.
Sulle dolci note del “valzer delle candele” si sta consumando in Calabria, in tema di candidature alle elezioni regionali, a destra come a sinistra, il sempiterno tatticismo per designare il candidato presidente della giunta non in funzione di un progetto riformista bensì sulla scorta di un algoritmo demenziale, che fa presagire una resa senza condizioni alle forze retrive del centrodestra ed il logorante tatticismo finalizzato solo alla raccolta di consensi elettorali e di appannaggi per i sodali.
Correva l’anno 431 avanti Cristo. In tempi non sospetti Pericle, il primo a parlare di democrazia di fatto, in un suo discorso agli ateniesi così si esprime:
Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Corre l’anno 2021 dopo Cristo, che per nostra sfiga, si è fermato ad Eboli e da qui non s’è più mosso. E’ bene chiarire che non intendo essere irriverente con il Gesù nel quale Levi metaforicamente indicava la vita umana, la civiltà, la storia, il progresso, la libertà, perché certamente non ricorrono più quei tempi, malgrado alla fin fine le differenze tra nord e sud, dal Pollino in giù, persistano ed hanno radici così profonde e difficili da estirpare che, forse è meglio adattarsi alla bisogna.
Pertanto, in tema di disinteressata democrazia parolaia oggi Pericle, in questo contesto, così si esprimerebbe:
Qui in Calabria noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i suoi sostenitori, gli amici, gli amici degli amici, i simpatizzanti, gli affini ed i collaterali fino alla settima generazione. Democrazia sì, ma non per tutti.
Qui in Calabria noi facciamo così.
Le leggi assicurano una giustizia eguale per tutti, ma noi non ignoriamo mai i meriti individuali per i quali bisogna sempre risalire alle origini a costo di arrivare alla prescrizione del reato.
Qui in Calabria noi facciamo così.
Quando un cittadino si distingue per considerevole apporto di consensi elettorali, qualsiasi ne sia la provenienza, egli sarà a preferenza d’altri chiamato a servire lo Stato, ma mai come atto di privilegio, bensì come una ricompensa al merito.
Qui in Calabria noi facciamo così.
Ci si aspettava che con l’avvento di Enrico Letta alla segreteria del Pd avesse fine l’inadeguatezza dei suoi dirigenti e dei numerosi commissari sparsi sul territorio nazionale per mettere ordine nelle sezioni, presidiate da vecchi capibastone o da oligarchi vecchi e nuovi, nel tentativo di dare al partito più importante della sinistra lo smarrito ruolo che gli compete.
Ma, anche questa volta sembrerebbe che la crisi, malgrado i tentativi messi in atto, sia così profonda da rendere inutile ogni terapia e lascia presagire che per la nostra Calabria, anziché tentare di riguadagnare vecchie posizioni si stia tentando di mettere in atto un innaturale quanto illegittimo connubio, escamotage questa alla quale stanno facendo ricorso un po’ tutte le formazioni politiche presenti sul territorio, le quali fuori da ogni schema, caso per caso, decidono “alleanze strategiche” finalizzate a raggiungere gli obiettivi politici prefissati.
Grazie a questa formula, nota come “geometria variabile”, può accadere che Peppone e don Camillo trovino la quadra per governare insieme in una regione o invece correre da soli laddove non sono necessarie le sante alleanze.
E così Enrico Letta per il Pd e Giuseppe Conte per i pentastellati, sensibili e preoccupati dei problemi del Mezzogiorno e della Calabria, fuori da una logica di tattica e di nomi, han preso a cuore le nostre sorti proprio per finalmente darci un governo concreto e pregno di contenuti.
Analogamente e grazie alla variabilità della geometria, Berlusconi e Salvini, ugualmente preoccupati e, soprattutto per dare continuità alle linee guida tracciate dalla Santelli – non voglio essere irriverente ma non so di cosa si stia parlando – propongono Roberto Occhiuto, senatore di FI, per il ruolo di governatore della Calabria, a meno che non intervengano fatti nuovi.
Tutto è possibile sotto questo cielo dove anche la sinistra civica non mette d’accordo Tanzi e De Magistris che correranno da soli accentuando lo scollamento della sinistra già erosa anche dalla scesa in campo del sen. Magorno con la maglietta di Italia Viva e con una lunga militanza nel Pd in veste di segretario regionale.
Al di là delle facciate ho l’impressione che della Calabria Regione non se ne fotta nessuno e che nessuno ha in mente un progetto di cambiamento che vada a sradicare tatticismi, equilibri pre-costituiti, prebende ed appannaggi, dal mellifluo sapore clientelare.
In questi giorni è andata in onda, nel più impenetrabile dei silenzi, ad assemblea sciolta, la seconda infornata delle mance pre – elettorali distribuite ai co.co.co. regionali, tutti amici di partito, procacciatori di consensi elettorali per i consiglieri regionali e non solo. Vivaddio sono presenti – lo consente la legge da loro stessi approvata – i talenti più “talentuosi” di Calabria: commesse, magazzinieri, estetiste, pizzaioli, meccanici ed anche qualche sindaco che nel tempo libero si esercita a far l’autista.
Mi perdonino lor signori, non è mia intenzione discriminare le categorie ma la metodologia.
Vede Letta, conoscendo i suoi trascorsi ci saremmo aspettati che Lei ponesse fine a certi andazzi, per lo meno nell’area in cui interagisce, forti della convinzione che l’iniziare un processo di rinnovamento avesse una valenza di gran lunga superiore alla vittoria di quegli “smandrappati” dei quali lungamente han parlato i media nazionali ed esteri.
Ha optato, invece, per la geometria variabile. Spero e, glielo auguro di cuore, che abbia ragione. Comunque ha perduto l’occasione di unire sotto un’unica bandiera il Pd calabrese che ha ancora in bocca il sapore del tonno della precedente kermesse.
Sciascia come Pirandello, in maniera diversa nella forma, ma non nella sostanza ebbero a sostenere che popolo e democrazia fossero belle invenzioni di gente che sa mettere una parola in culo all’altra… e tutte in culo all’umanita’.
Ad oggi non sono mai riuscito a dar loro torto!