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LA GUERRA PER LA SOPRAVVIVENZA TRA GRILLO E CONTE
Spasmodica l’attesa nel Pd su come andrà a finire e su chi ne uscirà vincitore.

Mentre si va facendo sempre più violenta la “Sfida all’O.k. Corral” tra Grillo e Conte per impossessarsi del Movimento 5-stelle e raggiungere l’obiettivo che ciascuno dei due si è prefissato, il Pd – ispirato dall’ideologo Goffredo Bettini – resta in ansiosa attesa, sperando naturalmente che vinca Giuseppe Conte. Per chi non lo sapesse, chiarisco subito che il su citato Bettini è il Mikail Suslov de’ noantri, in salsa pieddina, il quale ha acquistato un ruolo fondamentale nel governo del Pd a guida Zingaretti e lo sta mantenendo nell’attuale a guida Letta. Non rendendosi conto che il Muro di Berlino si è sbriciolato oltre 30 anni fa ed i calcinacci sono rovinati addosso a lui ed a tutti quelli che hanno creduto, per decenni, nel “Sol dell’avvenire”,  Goffredo Bettini, comunista duro e puro, ha preso saldamente in mano le redini del Pd e, da dietro le quinte, ha cominciato a portare avanti un progetto di ri-comunistizzazione del partito ispirando ed influenzato le decisioni, prima, dello scolorito ed inconcludente Zingaretti e, nella fase attuale, dell’incolore e molle, Enrico Letta. Lo ha aiutato in questo, a mio parere, la decisione sbagliata di Matteo Renzi che, abbandonando il Pd per fondare Italia Viva, gli ha spianato la strada e reso più facile la scalata a suggeritore e tessitore delle politiche messe in atto dai due ultimi segretari nazionali. Il pensiero e la presenza dei cattolici democratici e popolari che dalla Margherita erano confluiti, all’atto della fondazione, nel Pd di Walter Veltroni nel 2007, sono totalmente scomparsi ed è rimasto solo l’antico modo di fare politica delle sinistre comuniste: quello, cioè, di far prevalere sempre le proprie impostazioni.
Se ci si fa caso, riferendosi al Pd, non si parla più di un partito di centro-sinistra, bensì solo di partito di sinistra, come lo era il vecchio Pci che includeva nelle sue liste, e faceva eleggere, alcuni candidati qualificati come indipendenti; questi avevano lo scopo di costituire un ornamento vuoto perché non contavano nulla e politicamente non incidevano su niente.
Questo modo di far politica vale anche oggi e prova ne è il dibattito che si è aperto intorno al disegno di legge Zan.
Ai rilievi, secondo me opportuni, avanzati dalla Chiesa, che in modo pacato e dialogante ha fatto presente alcune sue preoccupazioni, si è risposto con toni seccati ed aspri per ribadire che il ddl va approvato così com’è e al più presto possibile.
Inascoltati sono rimasti finora gli inviti di coloro che suggeriscono un modo nuovo di affrontare i vari aspetti del ddl Zan; ossia che le parti si seggano intorno ad un tavolo per cercare di concepire una legge che soddisfi le esigenze di tutti gli orientamenti e in cui tutti si possano ritrovare. Sorprende che anche l’ex democristiano Enrico Letta si sia iscritto nella lista degli intransigenti e proclami con inusuale determinazione che il disegno di legge Zan costituisce la linea Maginot dei “progressisti” da cui non solo non si deve retrocede ma che dev’essere approvato nel più breve tempo possibile.
Tornando alla feroce diatriba scoppiata tra Grillo e Conte, l’Elevato tenterà di gettare fuori dal Magma a 5-stelle l’ ”incapace” Giuseppe Conte reo, ai suoi occhi, di aver tentato di reinventarsi un partito  a propria immagine e similitudine costruendolo sulle ceneri di quello da lui partorito dal nulla. Anche la mossa di queste ultime ore, spiazzante, di Grillo che ha nominato sette saggi per la elaborazione di un nuovo statuto che possa accogliere i punti di vista e le “esigenze” sia dell’Elevato che dell’Avvocato del popolo, non approderà a nulla e l’addio tra i due sarà sancito in modo definitivo. Nessuno però, ecco dove sta l’astuzia di Grillo, lo potrà accusare di non aver acceduto ad un ultimo tentativo di ricucitura e non aver dato ascolto ai suggerimenti dei tanti pontieri pentastellati, terrorizzati peraltro di non essere ricandidati o non rieletti. Il garante del Movimento farà così ricadere la responsabilità dell’implosione del Magma a 5-stelle su Conte. Se dovesse prevalere Grillo, l’avvocato del popolo resterebbe, nell’immediato, senza alcun ruolo politico sicché potrebbe essere disponibile per una eventuale adozione da parte del Pd come proprio leader. D’altro canto mi pare che furono proprio il politicamente sbracato Zingaretti ed i suoi collaboratori bettiniani a dichiarare che Conte era il “riferimento del mondo progressista” e, durante le settimane in cui si tentava di ricostituire un terzo governo che avesse come guida l’Avvocato del popolo, facendo ripetutamente ricorso allo slogan “o Conte o niente”. Sappiamo tutti come è andata a finire: Conte ha dovuto, suo malgrado e con l’ingrato compito di asciugare le lacrime al fedelissimo Casalino, cedere il posto a Mario Draghi, mentre Zingaretti non ne ha potuto più e, sotto l’insopportabile peso dei suoi fallimenti politici, si è dimesso da segretario del Pd  e se n’è andato sbattendo la porta e gridando che se ne vergognava.
Un’ultima chiosa; sia le politiche di Zingaretti che quelle di Letta, non hanno prodotto finora apprezzabili risultati sul piano delle adesioni ed i sondaggi sulle intenzioni di voto, sono molto eloquenti rispetto agli scarsi consensi dell’elettorato verso il Pd.
Un gelido brivido di sgomento sarà corso lungo la schiena dei dirigenti piddini, a qualunque livello di responsabilità svolgano la loro azione politica, dopo aver appreso che il loro partito, in caduta libera dal punto di vista elettorale, sia terzo, con poco più del 18%, dopo FdI e Lega rispettivamente, ahinoi!, primo e secondo.