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LA CALABRIA AVREBBE BISOGNO DI UN MIRACOLO. NON CI SONO PERO’ SANTI DISPONIBILI A FARLO
Dopo più di mezzo secolo di oscurantismo politico segnato da malaffare, clientelismo, collusione mafiosa la regione langue. Figli, nipoti, affini e collaterali al posto dei chiaccherati padri, mentre i grandi strateghi delle segreterie politiche elaborano teoremi irrisolvibili perché obbedienti ad algoritmi con risultati predeterminati. Non c’è un nuovo che avanza, né tanto meno basta una novella pulzella d’Orléans per rimettere in sesto la Cenerentola d’Italia

Rien ne va plus è la parte finale della formula usata dal croupier per regolare i tempi delle puntate nel gioco della roulette: fate i vostri giochi, i giochi son fatti, niente va più!
Mancano solo pochi giorni per eleggere il nuovo consiglio regionale calabrese, quello che avrebbe dovuto segnare, finalmente, l’alba della riscossa di una regione per volontà politica tenuta alla gogna dai vertici governativi, condivisi e suffragati da una accondiscendente quanto interessata, becera  classe politica del luogo, molto sensibile ai cazzi suoi più che a quelli di circa due milioni di abitanti – alcuni dediti    all’ottenimento di favori, prebende, appannaggi , senza sudar camicia – altri, la gran maggioranza alla ricerca di un posto al sole che significava, e significa ancora oggi, il diritto di avere un lavoro ed una dignità, senza ricorrere alla captatio benevolentiae. E qui mi fermo per carità di patria, sempre pronto, però a confrontarmi con chiunque avesse qualcosa da obiettare a cominciare dall’Unità d’Italia e finendo ad oggi.

Dopo le amare lezioni del passato che han prodotto quanto è sotto gli occhi di tutti… disamministrazione, malaffare, voto di scambio, collusione mafiosa, trasformismo, clientelismo, nepotismo e tutti gli ismi che nascondono le nefandezze delle quali quotidianamente veniamo informati… c’è ancora da sperare che questa nuova tornata elettorale sia quella buona per cambiare i connotati ad una regione che langue?
Io, pronto a ricredermi e cospargermi il capo di cenere, non ci credo anche perché, sotto mentite spoglie  figli,nipoti, annessi, connessi, affini e collaterali fino alla settima generazione, ed in assenza, accondiscendenti  prestanome,  han preso il posto degli antichi sputtanati padri – làddove richiesto da precise contingenze – con la connivenza degli spin doctor delle segreterie politiche dei partiti che han badato, come costume vuole a destra ed a manca, solo  ad arruolare i big convoyeur di consensi elettorali.
Aggiungo, anzi, che fatte poche doverose eccezioni, c’è solo mancato di chiamare in causa l’influencer Chiara Ferragni!

In un contesto del genere, effettivamente non si sa a quale santo votarsi in quanto, cari lettori, fateci caso, al di là dei soliti slogan, triti e ritriti, nessuno si è presentato con un programma operativo, men di meno facendo riferimento alla squadra che poi dovrà attuarlo. Accade ciò in democrazie, forse meno vetuste ed evolute della nostra, ma più concrete e meno astratte. Accade invece, nella nostra materna e benevola democrazia, che anche chi non è votato non sia escluso dalla spartizione della torta, quella che i beoni padri latini definivano crustalam communicantes.

Avviene così che anche i “trombati” dalle urne non escano fuori dal gioco ma vengano ripescati, per uso e consuetudine, con qualche incarico di comodo in ossequio a quel mottetto che vuoleall’orto di Dio devo mangiare pure io.
Non credo che sia il caso di fare esempi dal momento che la nostra storia è ricca di tali avvenimenti, ma da ciò non si astengano i menestrelli di altre latitudini e longitudini, perché essa, la politica, è diventata casta e mestiere, per le tante opportunità di vivere comodamente, in eterno conflitto con altri poteri ed altre caste che in quest’ultimi tempi non brillano di luce propria.
Mi sovvengono a tal proposito, prepotenti nella memoria, le parole di un mio antico estimatore, mai dimenticato, che a me studente appena “maturato classico” (si può dire?) debuttante imbrattacarte  diceva “ricordati, figliuolo, che tre sono le istituzioni cardini della nostra Italia, la Chiesa, la Magistratura, l’Esercito”. Ahimè, quanto mi sento lontano da quelle raccomandazioni! Sarà forse per quanto accade in giro per l’incessante, imperante, spudorato scadimento morale che ci circonda?

Mi dà fastidio pertanto, non solo epidermico, che il professore Enrico Letta, insegnante di scienze politiche a Parigi venga fin quaggiù, nella città in cui vivo, a dire che il destino della Calabria è nelle mani degli elettori, quando in questa colonia – tal è – egli segretario del Partito dei dispersi ha ancora una volta consolidato, tanto per non perdere le buone abitudini, il commissariamento: ieri i Magorno, dimentichino trasformista, oggi i Graziano, commissario quattro stagioni, senza porsi minimamente il problema che quel che resta dei pieddini calabresi (quelli veri non gli ultimi  “parvenu”) avrebbe forse preferito indicare il suo leader passando per le primarie. Invece no; si è preferito reiterare lo stesso errore commesso alle scorse elezioni con la candidatura Callipo!
Non sono altrettanto fiducioso, come vorrebbe far accettare il segretario nazionale che Amalia Bruni, sulla quale nutro qualche dubbio relativamente alle sue mai espresse capacità manageriali, sia stata la scelta migliore, anzi ad onor del vero la ritengo una consapevole resa incondizionata alla panzer division schierata dal centrodestra, convinto come sono che tutto l’ambaradan politico ubbidisca a precisi algoritmi con risultati predeterminati dai quali si arguisce che questa regione non desta gli interessi di alcuno.

Ho pertanto i miei dubbi che l’esimio professore non sia consapevole della disfatta alla quale va incontro con un partito “disperito”. Ritengo, anzi, abbia già pronte le giustificazioni da dare dopo il quattro di ottobre: sono i calabresi a non aver capito il nuovo che avanza; Amalia Bruni incarnava il cambiamento per la sanità e la fine del commissariamento; gli alleati sono venuti meno!
Ahi, ahi, ahi, saremo alle solite: sono sempre gli altri a non aver capito un …Kaiser!

Dall’altra parte del campo di battaglia Roberto Occhiuto, detto il Rommel dell’altopiano silano, già pregusta la vittoria: le trincee ed i camminamenti dei sinistrorsi non sono che amene passeggiate tra le discutibili, inesistenti difese di quel che presuntuosamente si definisce la linea Maginot del centrosinistra.
Annovera egli stesso, non scevro di lusinghieri apprezzamenti, una corte di risoluti centurioni, già noti agli annali storici e giuridici regionali.

Dov’è il NUOVO CHE AVANZA in questa regione che avrebbe avuto bisogno di un epocale cambiamento?
Certo non negli ultimi rantoli del legionario Oliverio messo da parte dopo aver combattuto e conquistato la palma della vittoria in mille battaglie!

Caro conterroneo, anche io sono un po’ frastornato, però sono ben consapevole che questo nostro territorio, al di là di tutti gli schieramenti, avrebbe avuto bisogno di un quinquennio governativo guidato da…per esempio un Cottarelli… sospendendo anche il consiglio regionale e tutti i boiardi che ivi albergano e gongolano, causa di tutti i nostri mali di ieri, di oggi e…di domani, se tu ancora lo consentirai.
Questo, però è un periodo ipotetico del terzo tipo, quello dell’impossibilità! E poiché credo ai miracoli … auspico un cordata tra i nostri cari Santi, da San Francesco a San Vitaliano, alla Madonna di Polsi, a San Giorgio!