Basta enunciare questo termine, “mercato”, per provocare le ire contro il liberismo dei marxisti-leninisti ancora non andati in quiescenza. Eppure, dice Cersosimo, l’80% della vita dei calabresi dipende dallo Stato, in tutte le sue articolazioni, ma in prevalenza centrali.
Si pensi alla spesa pensionistica, quasi 7,5 miliardi l’anno per 770mila pensionati. L’intera produzione agricola e manifatturiera calabrese sta sotto questa cifra. Le pensioni sono quasi 1/5 del Pil regionale che ammonta a 33 miliardi. Pertanto la classe dirigente calabrese, imprenditoriale e non, ha natura estrattiva, draga le risorse e ha una convenienza a mantenere lo status quo. Se l’80% del bilancio regionale riguarda la sanità, tutti capiamo perchè il buco sanitario regionale è ancora imprecisato. Il referendum di Renzi del 2016 non aveva nessuna possibilità di essere approvato in Calabria.
Adesso facciamo un pò di conti. In Calabria i residenti risultiamo essere 1.975.000 ma i “veri residenti” non sono più di 1.800.000 essendo molti i calabresi che pur vivendo, per studio o per lavoro, fuori dalla Calabria mantengono per una vasta serie di motivazioni la residenza presso le famiglie d’origine.
Su 1.800.000 abitanti effettivi le pensioni erogate risultano essere 770.003 comprese le 122.198 pensioni di invalidità civile con o senza accompagnatore.Una cifra che corrisponde al 43% della popolazione reale.
A tale enorme e spropositata cifra si aggiungono i circa 197.000 percettori del reddito di cittadinanza e i circa 110.000 dipendenti pubblici. Si arriva ad un milione di abitanti (garantiti) che non fanno parte delle categorie produttive in senso stretto. Quelli che si sbattono per arrivare a fine mese sono circa 200.000 artigiani, partite iva ed imprenditori. I rimanenti 600.000, sottratti i 300.000 minorenni e studenti, formano la vasta platea di disoccupati e di Neet, cioè coloro i quali il lavoro non lo cercano più. Una platea talmente esigua che ben esprime la fragilità sociale ed economica della Calabria.
Prendiamo la misura che ha consentito ai 5Stelle di sfondare in Calabria nel 2018 con la più grande palla che avrebbe dovuto prendere il posto della Cassa per il Mezzogiorno. Sarebbe ora molto più corretto chiamarlo Reddito di assistenza. Infatti in Calabria sono quasi 200.000, esattamente 197.000 i calabresi che ne usufruiscono considerando che il Reddito di cittadinanza coinvolge ben 87.226 nuclei familiari.
Inutile dire che nessuno di coloro i quali ne usufruisce si è cancellato per avvenuta occupazione. Dei Navigator non diciamo nulla perché era ridicolo far trovare lavoro agli assistiti tramite altri assistiti. Certamente in tanti sommano il Reddito di Cittadinanza con qualche lavoro in nero in un sistema di illegalità diffusa che nessuno riesce a ridimensionare. La media dell’importo del reddito di cittadinanza in Calabria è di 542 euro al mese. Tanti i furbetti che lo percepivano senza averne diritto che sono stati individuati, ma più controlli più scopri (mentre scrivo oltre 9mila romeni son stati denunciati per aver ideato una truffa da più di 60 milioni di euro scoperta dai finanzieri del comando provinciale della Guardia di finanza di Cremona e Novara). Solo adesso qualcuno ha capito che i controlli andavano fatti prima di erogare il reddito e non a babbo morto.
Intanto nel mondo dell’occupazione calabrese si registrano oltre 21.000 posti di lavoro persi nel 2020. E poi continua senza tregua la partenza di tanti calabresi verso altre regioni per poter andare a lavorare. Ben 15.988 coloro i quali nel 2020 hanno lasciato la Calabria per altre destinazioni e fra questi ben 4.636 con la laurea in tasca, il 29% del totale. Una regione che ha in tutti questi anni scientemente deciso di privarsi delle menti migliori, basta guardare i nostri paesi, si sta suicidando con una rassegnazione pari a quella di chi aspetta il terremoto prossimo venturo senza fare nulla, come per le frane, le alluvioni, le mareggiate.
Ma nonostante tutto questo e questi dati trovatemi uno solo che invochi una politica dove ci sia più mercato e meno Stato. Non lo troverete perchè la politica ragiona in questi termini: ci sono 800 mila calabresi ai quali occorre fornire un sussidio statale. Facciamogli prendere questo sussidio così si mettono l’animo in pace e poi chi vuole fare qualche lavoretto per arrotondare che lo faccia, in nero. E’ una politica statale che è di chiara origine mediterranea. La abbiamo già vista in Grecia, uno Stato basato sul turismo e che è finito in default perchè ha dato un impiego pubblico ad ogni famiglia greca (così come la Calabria ha dato il reddito a 87mila nuclei familiari; il prossimo passo magari sarà quello di raddoppiare le famiglie o le 542 euro al mese); lo vediamo in Sicilia, una regione autonoma che vive sul turismo e che ha dato ad ogni famiglia siciliana un impiego nell’Assemblea regionale (a Palermo Leoluca Orlando il bilancio comunale lo ha taroccato come i greci). Infine veniamo al nostro capoluogo, Catanzaro, anche qui il reddito di ciascun nucleo familiare dipende dalla sanità e dall’indotto.
Noi vogliamo bene allo Stato ma lo Stato non ci ricambia se è vero che neppure un ministro della salute come Speranza, uno di sinistra, ma non quella finta, quella che si autodichiara rosso pomodoro alla Bersani (?), a chi ha affidato la salute di questa nostra regione mediterranea dopo aver scelto in precedenza come commissari Zuccatelli, Gaudio, Strada e Longo? Al presidente Occhiuto, già consigliere regionale dal 2000 al 2008. Il primo commissariamento lui se lo ricorda bene perchè arrivò nel 2007, con un inviato governativo per l’emergenza sanitaria, e un altro nel 2010 in seguito al varo del piano di rientro dal disavanzo, varato per ridurre il debito enorme che la regione aveva accumulato negli anni precedenti.
Nessuno lo ricorda più ma il 7 novembre 2020 (in piena seconda ondata dell’epidemia) il commissario alla Sanità calabrese, Saverio Cotticelli (generale in pensione) rilasciò un’intervista. Nell’intervista mostrò incompetenza fino a dire: «Il piano Covid dovevo farlo io? Non lo sapevo, ora mi cacciano». (Cotticelli era stato nominato commissario dal primo governo Conte nel dicembre 2018). Il ministro in carica nel 2020 era appunto Speranza. Le scelte sulla Calabria di Speranza sono state al di sotto di qualsiasi aspettativa, le avrebbe potute fare chiunque. Avrebbe dovuto avere il coraggio già dall’anno scorso di inviare in Calabria un grande manager con una squadra in grado di accertare il debito sanitario fuori controllo ed impostare una contabilità industriale per aziende decotte. Invece, da burocrate, ora è come se ci avesse detto: lo avete votato Occhiuto? E adesso che ci pensi lui. Ecco cos’è il populismo (di Speranza e soci), andare dietro al popolo senza avere il coraggio e nessuna idea per guidarlo.