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L’INCIPIT OCCHIUTANO TRA APPARENZA E SOSTANZA
Essere o apparire: è la nostra odierna difficile scelta, anche se contro le apparenze dovremmo ormai essere vaccinati, specialmente quelli di una certa età, che ne han visto di cotte e di crude. In verità noi altri non ci siamo mai liberati dagli ancestrali dilemmi amletiani per cui in un modo o in un altro ci dibattiamo senza tregua tra l’apparire e l’essere chi veramente siamo.

Pur avendo fatto mio il mantra dell’abito che non fa il monaco, alla fine per essere onesto con me stesso e per non anteporre il carro davanti ai buoi, mi  metto alla finestra e sto a guardare quanto accade attorno a me, non però facendomi  abbindolare dall’apparenza delle cose.
Tutto ciò, magari, mentre dall’altrui parte si inventano programmi e soluzioni che, imbellettati e conditi con salse diverse, non si discostano da quelle di un passato divenuto eterno presente.

Trascorso però il “periodo di salvaguardia”, durante il quale mi sono imposto un religioso silenzio nell’attesa che il neo governatore Occhiuto, si esprimesse prima con la composizione della sua giunta e poi come intendesse, per lo meno a livello programmatico, intraprendere lo sviluppo della Regione – alla quale egli da deputato ha dedicato solo qualche briciola del suo prezioso tempo – non credo che si sia dato corso a quell’auspicato, necessario cambiamento di cui ha bisogno la Calabria.
Anzi, non è azzardato ipotizzare che la politica calabrese, ammesso che ne esista una, resterà ingessata ed insensibile a qualsivoglia cambiamento di metodo.
Ebbene il suo primo impegno “restituire la salute” ai calabresi, sembra più uno slogan, un modo di dire che può significare tanto o niente, in quanto al di là della sua nomina a commissario ad acta, penso che per tutti noi sia del tutto irrilevante che al timone ci sia Caio o Sempronio quando le nostre “vicissitudini” sanitarie gridano vendetta da circa mezzo secolo, a prescindere se il bastone di maresciallo fosse in mano ad un commissario governativo o al presidente della regione.
Meraviglia, invece, la “disinvoltura” con la quale gli organi centrali, dopo poco più di un decennio di gestione fallimentare dei commissari governativi, abbiano subito accondisceso a “mollare la preda” e, con una pilatesca lavata di mani, affidare al neo governatore l’intricata matassa sanitaria regionale.
Il che genera qualche dubbio sul perché tal consenso fu ostinatamente negato ad Oliverio ed, invece, senza se e senza ma, deposto nelle mani di Occhiuto – che non ci risulta abbia qualità taumaturgiche – una patata così scottante, della quale non si conosce il grado di decomposizione.
Se sbaglio correggetemi, ma c’è qualcuno in grado di certificare le perdite generate dalla malagestione sanitaria calabrese?
Personalmente sono rimasto “al mammellone da succhiare”, alle prescrizioni inosservate dei tavoli Adduce, a tutte le reiterate inadempienze gestionali ed ai proclami dei vari commissari ad acta, purtroppo rimasti tali. In questi anni se ne sono dette e denunciate tante, ma mai nessuno si è posto l’obiettivo di cominciare, per esempio, dalla cosa più semplice: l’eliminazione degli sprechi, la razionalizzazione degli appalti, la tutela dei territori secondo le effettive necessità sanitarie. E’ stata una corsa ad indebolire la struttura pubblica a tutto vantaggio della sanità privata che sguazza nel Paese dell’eterna cuccagna.
In siffatta situazione sarebbe stato opportuno, invece, tirare le somme su quanto avvenuto fino ad oggi, che non significa assolutamente stendere un velo pietoso su fatti, misfatti e malandrini che hanno avidamente succhiato dal mammellone. A prescindere dalle incapacità manageriali in campo, forse tornerebbe utile conoscere quale sia, allo stato, il reale ammontare delle perdite e quali le cause che le hanno generate. Sono convinto che da questa analisi scaturirebbe la chiave di volta attorno alla quale ha girato l’intero sistema sanitario calabrese.
Sarebbe stato pertanto opportuno – ripeto –  che, al di là della nomina di Occhiuto nel duplice ruolo di governatore e commissario ad acta, si procedesse, alla fine dell’anno in corso, a chiudere l’attività amministrativa dell’intero sistema sanitario calabrese, creando così il punto zero, presupposto essenziale per mettere in essere nuove strategie.
Sarebbe stato opportuno che si fosse nominata una commissione di inchiesta per due ordini di motivi; il primo: basta coprire col manto della misericordia la pochezza manageriale di chi si è alternato alla “ruota della fortuna”; il secondo: capire dove sono finiti i soldoni dei calabresi che pagano i tickets più salati d’Italia, senza avere nemmeno i livelli essenziali di assistenza!
Per tal motivo, circa un mese fa, questo web journal, ponendosi l’interrogativo sul perché la politica volesse ad ogni costo ricoprire anche la carica di commissario ad acta, auspicava che la “patata bollente” della sanità, al di là degli ingegneri, prefetti e generali – per carità tutta gente di alto lignaggio, ma mi sia consentito, di scarse competenze contabili e gestionali – fosse affidata ad un manager tipo Enrico Bondi che, in breve tempo e nella generale soddisfazione di tutti i creditori, mise la parola fine al crac Parmalat ed al sistema truffaldino  messo in atto.
Invece tra sbumbe, rotarelle e tric – trac… gli organi governativi, probabilmente assillati da ben altri problemi, non hanno avuto alcuna esitazione a nominare il neo governatore Occhiuto, anche commissario ad acta per la sanità, il quale ad onor del vero non ha perduto tempo ad avvalersi della collaborazione di Maurizio Bortoletti, colonnello dei carabinieri, noto per aver sanato i conti dell’asl salernitana e di Ernesto Esposito, direttore del dipartimento Politiche delle Persone della regione Basilicata.
Senza nulla togliere ai meriti ed ai successi gestionali dei suddetti signori rimango del parere che il processo di risanamento dell’intero comparto sanitario calabrese avrebbe avuto bisogno di una commissione d’inchiesta che mettesse a nudo tutte le nefandezze gestionali commesse – compresi sprechi, clientelismi e riforme pifferaie – di cui hanno anche ampiamente parlato i commissari che si sono succeduti in questo ultimo decennio, e contemporaneamente, ad opera dei due super esperti di fresca nomina costruire il nuovo impianto sanitario regionale.
Procedere in maniera diversa significherebbe metter su un’istituzione apparentemente eburnea ma con le fondamenta di argilla.
La sanità calabrese è a brandelli, ma non abbiamo bisogno dei soliti nomi che circolano per recuperare i servizi essenziali, bensì di figure di altissimo profilo esperte di riorganizzazione sanitaria, aggiunge Amalia Bruni, leader dell’opposizione.
Cotanto premesso, ad occhio e croce, l’incipit occhiutano mi sembra contenere più apparenza  che sostanza.  In verità avrei preferito, che l’annunciato nuovo che avanza fosse suffragato ed accompagnato, in contemporanea dall’avvio di una indagine – seria, approfondita, non di comodo –   sulla vergognosa gestione del sistema sanitario calabrese, non per postumi desideri di vendetta, ma per non coprire tutto con il solito “mariano manto della misericordia” e per dare contezza a quel 56% di calabresi, che ancora oggi non si reca alle urne, quanto sia penalizzante il  loro  aventiniano atteggiamento.