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LETTERA APERTA AL NEO GOVERNATORE CALABRESE
Per la regione bruzia si aprono nuovi orizzonti? Dalle prime mosse di Occhiuto, vale a dire la composizione della giunta, i buoni propositi sembrano essere svaniti nel nulla. Più che uno spoil system all’americana (il manager giusto al posto giusto) ha avuto luogo la distribuzione degli incarichi secondo logiche spartitorie antica maniera, perpetuando così gattopardesche consorterie.

In attesa delle sue prime mosse sullo scacchiere regionale mi sono imposto fino ad oggi il più impenetrabile dei silenzi perché non ho voluto turbare l’atmosfera di gioia e tripudio che ha salutato la sua elezione a governatore. In verità quanto avvenuto non sfugge alla logica conseguenziale della pochezza politica che si respira nei cieli calabresi.
Provo ad elencare alcune premesse: a) gli schieramenti in campo e l’incapacità del centrosinistra di costruire alleanze, proponendo candidature apprezzabili per fattività e non per titoli, lasciavano fin dalla vigilia elettorale presagire la certezza della vittoria; b) l’altro dato, degno di riflessione, è che, come ormai consuetudine, Lei ha conseguito solo i consensi del 55% dei votanti a fronte di un astensionismo che viaggia a due cifre e che la dice lunga sull’ “indice di gradimento” che riscuote  tutta la classe politica della quale, non da ieri, Lei è un elemento di spicco per i suoi  trascorsi politici ed i diversi incarichi ricoperti fra Udc e Forza Italia; c) il suo cipiglio sembra, più propaganda live finalizzata a catturare adesioni, che a modificare l’amara realtà nella quale si vivacchia a questa latitudine.
Pertanto, egregio governatore, in attesa che i fatti prendano il posto delle parole, ci risparmi gli slogan tipo… la Calabria che non ti aspetti … i calabresi ci hanno consegnato una vittoria al di sopra delle nostre aspettative…in continuità con la visione della governatrice Santelli…
Quando si parlava di autonomia differenziata, mentre tutta la stampa, compreso questo web journal, insorgeva per contrastare il becero federalismo fiscale o la stolta teoria della spesa storica, Lei ha preferito il silenzio.
Oggi al contrario agita con cipiglio barricadiero tematiche sulle quali ieri da capogruppo alla Camera dei deputati di Forza Italia ha taciuto. Non è che ci siano stati segni di ravvedimento causati dal cambio di casacca? Non è che il combinato disposto – sue dimissioni da deputato e subentro del primo dei non eletti, il cosentino Andrea Gentile – abbia dato luogo a nuovi equilibri politici regionali? Ai posteri l’ardua sentenza.
Intanto allarme rosso per i conti della regione, il deficit non è più sostenibile e non è solo la sanità che affonda il bilancio regionale quanto partite residuali attive di rilevante consistenza che non risultano, di volta in volta, mai movimentate. E’ la storia che si ripete, è il trucco al quale ricorrono le economie dei comuni quando si riportano “attività” che mai saranno tali.
Certamente, on. governatore, per usare parole sue “non siamo più fessi del nord”, ma i meno considerati e più sprovveduti forse si, grazie a chi fino ad oggi ci ha rappresentato.
Quanto sopra, insieme ad altre amenità amministrative, è stato rilevato, di recente, dalla Corte dei Conti nella sua annuale relazione relativamente all’anno 2020.
L’analisi effettuata dalla magistratura contabile ha poi tra l’altro confermato che il deficit sanitario dichiarato sia totalmente inattendibile e sottostimato: addirittura all’Asp di Reggio Calabria è dal 2013 che esiste una “contabilità” non fondata su probanti documenti amministrativi.
Detto ciò, non è che si voglia buttare la croce addosso a lei per le criticità e le manchevolezze verificatesi in cinquant’anni e più di regionalismo fallimentare, magistralmente interpretato da attori e comparse in cadenzata alternanza, di destra come di sinistra, però a fronte dei foschi orizzonti calabresi   e soprattutto delle “iniezioni di fiducia” inoculate attraverso i suoi slogan, noi altri sprovveduti  avevamo  pensato che cominciasse a soffiare quel vento del rinnovamento che attendiamo dalla notte dei tempi.
Invece no, ancora una volta come dice una vecchia canzoneil treno dei desideri all’incontrario va.
Mi riferisco prima di tutto alla composizione della sua giunta (argomento doviziosamente trattato qualche giorno fa su questo web journal) che ricalca quanto fece il presidente Oliverio: prima una giunta politica, poi un’altra tecnica, poco dopo un’altra fifty – fifty. Fu in quella occasione che Tallini, in un barlume di saggezza, così si espresse: una riformicchia che serve solo a sistemare i conflitti interni al centrosinistra.
La faccio mia per un momento, on. governatore, anche la sua giunta ha ubbidito alle solite regole: invece di essere formata da assessori di sua stretta fiducia, ha preferito ossequiare gli sponsor dei suoi assessori. Negli uffici ancora non ha avuto ancora il coraggio di accantonare dirigenti che hanno dato in passato cattiva prova di sé, essendo il personale (e il suo utilizzo) la vera palla al piede dell’amministrazione regionale.
Mi sarei poi aspettato che in un contesto economico squinternato – qual è quello calabrese – per prima cosa si mettesse mano agli sprechi, ma non ne trovo traccia in alcun programma. C’è qualcuno in grado di spiegarmi perché la Calabria con lo stesso numero di consiglieri ed una popolazione inferiore all’Emilia e Romagna, spende annualmente per ogni consigliere 1.500.000 euro contro 650.000? C’è qualche altro che possa “illuminarmi” sul perché il personale interno del consiglio regionale calabrese (30 consiglieri) si compone di 351 unità a tempo indeterminato, pari a 11,7 dipendenti per ogni consigliere contro i 3,35 dipendenti per consigliere regionale (80) della Lombardia? A confrontare i dati fra le regioni italiane c’è veramente tanto da normalizzare nei costi della politica regionale calabrese e, probabilmente non a caso si dice che chi viene eletto in consiglio regionale trova un tesoro. Alla faccia della spending review di montiana memoria, abilmente aggirata con malevola leggina casalinga!
Sulla sanità, di cui ha ripreso le redini dopo i commissari, è bene tacere. E’ un pozzo senza fondo che ingoia il 62% dei 6,3 mld previsti a bilancio nella parte della spesa. E’ stata, quella del bilancio di previsione per il triennio ’22- ’24, un’approvazione d’imperio da parte della sua maggioranza che non ha tenuto in alcun conto gli emendamenti della sparuta opposizione. Il tutto celebrato in fretta e furia per evitare l’esercizio provvisorio.
Intanto, on. Occhiuto, leggo che i suoi strateghi hanno fatto ricorso al Gemelli di Roma per la telemedicina che in Calabria c’è ma non funziona dopo aver speso 2,3 milioni di euro per un sistema mai andato a regime, così come avvenuto nell’anno precedente con il nostro sistema sanitario che, in tempo di covid, non si interfacciava con quello centrale pur avendo speso una barcata di milioni.
Ed allora, caro governatore, al di là di tutti gli slogan e dei suoi buoni propositi sarebbe stato invece auspicabile che si nominasse una commissione di inchiesta per individuare chi ha fatto della sanità calabrese un mammellone da succhiare (copyright di uno dei tanti commissari ad acta succedutisi) e quindi agire di conseguenza.
E la stessa ricetta andrebbe applicata alle fondazioni ed alle partecipate regionali. Tenuto poi nel debito conto che Fondazione Terina, Sorical – non mi è chiaro che fine farà per le manovre work in progress – e Ferrovie della Calabria, hanno bilanci apprezzabili, varrebbe la pena monitorare e valutare la moltitudine degli enti regionali, carrozzoni utilizzati solo per distribuire poltrone e prebende ai trombati dagli elettori ed agli amici degli amici.
Certo non si può fare di ogni erba un fascio ma considerato che da decenni vengono tenuti in vita enti in liquidazione che producono solo gravosi costi sarebbe il caso che ci si mettesse il naso dentro.
On. Occhiuto adesso tocca a Lei tirar fuori dalle miserie ataviche questa terra piagata da tutte le disgrazie (termine omnicomprensivo di malapolitica, malaffare, povertà, disoccupazione…).
Gli slogan, lo storytelling, li riponga per un momento in naftalina e ci offra qualche piccolo segno di cambiamento. Glielo riconosceremo senza alcun pregiudizio ben sapendo che l’impresa alla quale è chiamata è davvero difficile, ma per cominciarla davvero non può appoggiarsi su vecchi arnesi della politica clientelare e su una burocrazia impresentabile, come lo è stata appena viene ripresa da un giornalista con telecamera.  Buon lavoro.